Aspettavo il sovraccarico da connessione come quelle beghine ginocchioni dentro alla Sint Nikolaas Kerk.  Settate le V-lenti in condivisione totale, chiusi gli occhi e salutai il mondo. La realtà che comparve nelle mie palpebre era sdoppiata, ma non ci provai neppure a tenere due visuali sovrapposte. Chi ci riusciva, doveva avere troppo psilocybe da fungo magico in circolo nelle vene. Invece c’era qualcosa di ammirevole che prendeva forma e consistenza nel retro del cervello. E poi… sentì che ero dentro. Il filamento onirico spiraleggiava, si faceva più vivo, tattile e capace di impregnare qualsiasi organo permeabile a un’onda di frequenza. Ero cosciente del fatto che le nostre teste bucherellate avevano preso a sprizzare trasogni. Un getto continuo di esperienze fameliche si rincorrevano tra me e Yumiko. 

Immaginatevi la wikivisione. Un flusso video rimontato a piacere, anche se diverso dalle squallide riproduzioni che spacciano per capolavori di trasogni in oniroteca. Anzi no, provate a calarvi direttamente nella prima persona senziente. Solo con la capacità di calcolo di un’IA cazzuta, o meglio altamente evoluta. Poi toglieteci i filtri e ogni livello di censura. Puro intrattenimento, in pura privacy. 

Arieggiate bene il cervello e tenetevi pronti al decollo. 

Destinazione trasogno. 

Per il tipo di esperienza che ne ricavavo, trasognare era paragonabile a una vera a propria liberazione. Era una sorta di estratto conto, denso e compatto, del vissuto quotidiano, solo molto, molto più eccitante.  

Ogni forma di nevrosi provocata della socialità aumentata, era come se venisse spazzata via, annullata dal vortice dei trasogni. E il sesso onirico, da questo punto di vista, era l’ultima fermata disponibile, quella un attimo prima del capolinea del piacere. 

Noi lo facevamo così. 

Ok, non ci sfioravamo, né annusavamo. 

Ok, non ci leccavamo, né penetravamo, però nei trasogni succedevano cose che sfiderei chiunque a immaginare. 

Ecco Yumiko, una divinità danzante che incedeva su nuvole di melodie pizzicate al sitar. Si esprimeva tramite ammiccamenti e ogni tanto indorava la sua telepresenza con una parolina dolce e una mossa sconcia. Era provocante e candida. Molle e turgida. 

- Lasciati andare, lasciati trasognare… 

Ovunque fossimo, io e lei lì fuori, non soffrivamo intralci fisici, né limiti biologici, non ci perdevamo in paranoie estetiche, né idiozie filosofiche.