Con la mano destra strinsi la card di Yumiko nella tasca posteriore dei pantaloni. - Ha i dati per l’accertamento con sé? - Beh, sì…
- Allora salga al sesto piano, camera 11.
- Tante grazie, buona giornata.
La salutai in tono complimentoso, cosa che lei dimostrò di gradire sempre nella stessa modalità, molto empatica.
Mentre aspettavo l’ascensore, notai un paio di ragazze con le pance che straripavano dai pantaloni. Intorno ai polsi avevano dei bracciali di contenimento e dietro di loro un paio di agenti le tenevano sotto stretta sorveglianza. Avevano gli occhi brillanti e si stavano lagnando in modo straziante. Un po’ mi salì il dispiacere per Yumiko.
A volte capitava che le cose che pensavo non fossero le stesse che facevo.
Non avevo cancellato la sua linea domotica dall’agenda, né avevo bannato il suo avatar dal canale Dreamvision. Due scelte che sarebbero potute risultare ambigue per quelli dell’Ufficio Procreazione sempre sospettosi verso questo e quell’altro.
In ogni caso, mi preparai: feci un bel respiro ed entrai nell’ascensore. Al sesto piano, delle frecce 3D in sovrimpressione mi indicarono la direzione della camera.
Il sensore in fondo al corridoio dava occupato.
Mi sedetti su un puff giallo. Non c’era nessuno in fila, nessuno con cui parlare del più o del meno. Presi la card di Yumiko e la rimirai. Però, che avatar aveva... Chissà dov’era? Chissà come se la stava passando?
Il segnale diede libero. Mi ficcai svelto la card in tasca e mi alzai.
La camera 11 era un’anticamera linda e pinta. Mi appoggiai al bancone e cercai di farmi notare da un impiegato con la cuffia in testa e gli occhi persi chissà dove.
- Buongiorno, sono qui per una denuncia.
Lui stava pizzicando l’aria alla tastiera olografica.
- Sì, la sto ascoltando, chi deve denunciare?
Sollevai il mento.
- Me stesso.
Al che, le sue dita smisero di muoversi e lui mi sbirciò in tralice. Si strappò a forza un sorriso dalle labbra.
- E per quale ragione?
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