Teorizzati già nel 1783 dallo scienziato inglese John Michell, i buchi neri sono uno degli oggetti più misteriosi e affascinanti tra il bizzarro bestiario dell'universo. Per la fantascienza, il confine senza ritorno dell'orizzonte degli eventi ha sempre costituito una sfida invitante, numerose opere sono state dedicate a questi avidi e invisibili abitatori delle profondità siderali.
Scorciatoie per viaggi interstellari o temporali, porte d'ingresso per universi paralleli, trappole senza via d'uscita o sicuri rifugi, fine ultima o creatori dell'universo, tante le ipotesi degli scrittori. Ma anche gli scienziati non si sono tirati indietro.
L'idea che un buco nero fosse un passaggio per un altro universo è del fisico Stephen Hawking, che in seguito cambiò idea. Amos Ori e Yakir Aharonov dell'università di Tel Aviv hanno teorizzato la creazione di una macchina del tempo utilizzando un buco nero appositamente costruito, mentre il concetto di "wormhole" è nato dalle menti di Michael Morris e Ulvi Yurtsever a seguito della richiesta dell'astronomo Carl Sagan, al quale serviva un congegno narrativo che permettesse rapidi viaggi tra le stelle, un intreccio tra letteratura e scienza davvero intrigante.
Le ricerche su questi oggetti di confine tra scienza e fantascienza si susseguono. Il telescopio orbitante WISE (Wide-field Infrared Survey) ha recentemente scoperto la presenza di due milioni e mezzo di buchi neri, il triplo di quelli scoperti finora. Una scoperta del genere ha interessanti implicazioni. La massa concentrata nei buchi neri è enorme, e scoprire che questi oggetti spaziali sono molto più comuni di quanto si pensasse potrebbe fare la differenza tra il Big Freeze e il Big Crunch.
Le prima teoria sulla fine ultima dell'universo postula un'espansione senza limiti e la morte termica, un gelido gemito e poi il niente, mentre il Big Crunch prevede che la massa presente nell'universo sia sufficiente a fermare l'espansione e a riportare la materia a concentrarsi in una singolarità puntiforme, preludio a un nuovo Big Bang.
Guardando a orizzonti meno lontani, la presenza di molti buchi neri potrebbe essere preoccupante: se la microscopica singolarità protagonista del racconto di Larry Niven L'uomo del buco (The hole man, 1974) è stata in grado di inghiottire il pianeta Marte, meglio non pensare a quello che potrebbe fare al nostro beneamato sistema solare un fratellino più grande.
D'altro canto, se Morris e Yurtsever avessero ragione, un gran numero di buchi neri potrebbe favorire i viaggi interstellari, e potremmo andare a vedere da vicino gli splendidi scenari fotografati dal WISE, come la spettacolare nebulosa a inizio articolo, lasciata dalla supernova Puppis A.
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