
Gli omaggi alla scrittura e quelli all’alcol, in Brown, sono ovunque. E lo dimostra anche il romanzo che qui si ripresenta. Marziani, andate a casa (1955) è un trionfo di umorismo non tanto per i malevoli visitatori provenienti da Marte (senza dubbio, tenuti fermamente da conto dagli sceneggiatori di Mars Attacks! di Tim Burton), esseri totalmente inafferrabili, mossi da una volontà di pura negazione. Ma il gioco dello humor ha anche una controparte tragica: dell’America contemporanea Brown (anticipando i romanzi “realistici” del primo Dick) coglie un sentimento di costante precarietà e insicurezza. La Depressione degli anni Trenta, che aveva portato tanta parte della popolazione rurale del Sud (i white trash e gli hillbilly più volte evocati nel romanzo) verso il sogno californiano è un ricordo fin troppo vivo: teniamo conto anche di questo aspetto “sociale” nella nostra lettura. C’è la parodia, ovviamente, che stavolta, oltre alle creazioni della fantascienza, evoca i luoghi comuni (anche quelli, nati da paure diffuse) incarnati dalla nascente ufologia (era stato quel contesto a far nascere la leggenda dei little green men). Ma il paragone con Dick (di cui Brown è diretto anticipatore, che assolutamente non sfigura) può essere portato fino in fondo: alla fine c’è una teoria del solipsismo che mette in dubbio qualunque possibilità di fornire una spiegazione rassicurante degli eventi.
Alla fine, in Martians, Go Home, l’unica cosa che resta è la fantascienza.
Note
[1] I racconti brevi di Brown sono stati tradotti in una quantità di riviste e antologie, sovente con titoli diversi. Per praticità, ci limitiamo a fornire quelli originali, rimandando al Catalogo Vegetti per i dettagli delle edizioni italiane: http://www.fantascienza.com/catalogo/autori/NILF10650/fredric-brown/. Per i gialli, si vedano le voci della Wikipedia italiana e inglese. La raccolta più esaustiva è Tutti i racconti (1950-72), Mondadori 1992. La più recente è nel Millemondi estate 2002, che comprende anche Gli strani suicidi di Bartlesville e Il vagabondo dello spazio.
[2] Jack Seabrook, Martians and Misplaced Clues: The Life and Work of Fredric Brown, Bowling Green University Popular Press, 1993.
[3] Si veda l’antologia American Pulp, a c. di Ed Gorman, Bill Pronzini e Martin H. Greenberg (Supergiallo Mondadori, estate 2000); Pasquale Pede, Le radici del noir, Fondazione Rosellini, Senigallia 2009, p. 129.
[4] Della loro amicizia e collaborazione parlavamo nell’introduzione a Effetto valanga di Reynolds (Odissea 53, 2012).
[5] In un solo caso, Brown pubblicò un racconto giallo sulla Black Mask di Hammett, mentre ebbe più di un’occasione di collaborare con la Weird Tales di Lovecraft. Ma la carriera di Brown si svolse anche su riviste improbabili, dall’erotica Rogue a riviste “tecniche”: da Excavating Engineer al Michigan Well Driller. È anche rivolgendosi a un pubblico diverso da quello tradizionalmente “letterario”, che Brown trova il linguaggio che lo rende unico.
[6] Ed. it. Progetto Giove, Mondadori 1989.
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