Era dunque per questo motivo, che ero nato su Ramsar. I miei antenati avevano tentato di combattere contro la diseguaglianza che attraversava l’Universo, ma erano stati sconfitti. Ma la loro battaglia non era stata vana. Era per questo motivo che ero nato su Ramsar.
Era per questo motivo, che ero nato.
Non ho mai considerato come un privilegio questa mia caratteristica, che ai più è rimasta a lungo ignota e che deriva dal patrimonio genetico che la mia gente ha selezionato attraverso i millenni, con il solo discutibile fine che giungesse integro in dono ai suoi eredi. Si tratta, a mio avviso, di un dono sciatto e crudele. Eppure, coloro che ne godono, in genere, si considerano fortunati.
Uscii dalla stanza e, senza dire una parola, strinsi la mano di Ardelan e con l’altra gli afferrai la spalla, il segno convenzionale di saluto amichevole in uso su Ramsar. Non ebbi la forza di fare di più.
Quando Laureel ed io riprendemmo la via di casa, una fitta coltre di nubi di sabbia desertica impediva di vedere i soli. Un simile velo si era depositato anche nelle profondità del mio animo.
Restammo in silenzio per tutto il tragitto.
* * *
La storia è fatta dal movimento dei popoli e non dei singoli individui. Un capo non è che un uomo qualsiasi, senza la massa di seguaci che lo acclama e lo sorregge.
Su Ramsar, il tentativo degli esuli di costruire una piccola società utopica, pur nella condizione di semi - prigionia dell’esilio, stava fallendo. L’ideale di una società di eguali si scontrava con una realtà che nel resto dell’universo veniva taciuta e su cui, nei millenni, era stato costruito il dominio dei pochi sui molti, dapprima attraverso forme di governo dispotiche, come l’Impero, e in seguito con l’elegante travestimento di sterminate alleanze interstellari, come l’Oikos delle Genti, la grande confederazione di mondi in cui ancora, all’epoca di noi ragazzi di Ramsar, il nostro rozzo sistema di Harris non era stato accolto.
Il vero punto di debolezza di un popolo oppresso non è nella condizione oggettiva di prostrazione alla quale esso è collettivamente sottoposto, bensì nella convinzione dell’impossibilità di cambiamento che alberga nei singoli individui. La vera forza del potente è la debolezza del sottoposto.
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