Nella possibilità tutto è ugualmente possibile e chi fu realmente educato mediante la possibilità ha compreso tanto il lato terribile quanto quello piacevole di essa. È l’infinità o l’indeterminatezza delle possibilità che rende insuperabile l’angoscia e ne fa la condizione fondamentale dell’uomo nel mondo.
Mentre scrive, Kierkegaard non si accorge dello straniero che gli si avvicina. I suoi passi leggeri affondano nel lieve strato di neve che ricopre il prato. Viene verso di lui.
Kierkegaard è investito da un soffio di vento: il suo respiro gelido parla dei rigori del Baltico.
Kierkegaard solleva lo sguardo ed è solo allora che lo vede. L’altro se stesso è davanti a lui, in piedi di fronte alla panchina.
– Ciao, Sören – gli dice con la sua stessa voce. – Non ti dispiace se mi siedo, vero?
Kierkegaard non risponde. È congelato nell’immobilità dettata dalla sua incapacità a comprendere quanto sta accadendo, un’incapacità che gli esclude qualsiasi possibilità di scelta.
– Capisco che non deve essere facile per te, ma cerca di accettare queste mie parole, perché sono anche le tue, o per lo meno quelle di uno dei possibili te stesso sparsi in altri tempi, in altri mondi.
Altri tempi, altri mondi… Al suono di queste parole gli sovviene che l’estraneo davanti a lui, Doppelgänger del Kierkegaard che ogni giorno vede riflesso allo specchio e che adesso si riflette negli occhi di uno sconosciuto identico a lui, è vestito con abiti di una foggia che gli è sconosciuta. Se non è una proiezione della sua mente, si chiede chi mai possa aver escogitato uno scherzo tanto diabolico.
– Non è assurdo come potrebbe sembrarti e no, non sono il tuo doppio se è questo che ti stai domandando. Non sono un tuo gemello, e non sono un fantasma. Sono io, sono proprio te.
Kierkegaard muove lo sguardo alle spalle del miraggio e intercetta una foglia gialla e solitaria, aggrappata a un ramo mediante il peduncolo ormai stremato. Si chiede quanto reggerà ancora e se riuscirà a sostenere il peso del suo dubbio. La osserva e si domanda quante altre foglie come quella, quante altre versioni di quella stessa foglia abbiano già ceduto – in altri luoghi, in altri tempi – al vigore del vento del nord, e quante altre continuino invece a sfidare le avversità con pari tenacia.
L’altro Kierkegaard si volta nella stessa direzione e scorge la foglia. – Proprio così. Pensa a infinite varianti di quella foglia, Sören – dice. – Pensa a infiniti momenti come questo. Quante sono le possibili soluzioni di questo istante?
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