In Harcadya c’è la contrapposizione fra due mondi: l’isola dove vive Ryuga, che ha raggiunto un suo equilibrio, ed il mondo fuori Harcadya, che è governato da appartenenti ad una setta e dove c’è una società in guerra. Ryuga esce dal suo mondo ovattato alla ricerca della conoscenza. Si può dire che Harcadya è anche un romanzo di formazione?
Si, senza dubbio si può dare questa lettura della storia. Aggiungerei che si tratta anche di un aspetto autobiografico. Ho avuto la fortuna di viaggiare molto e quando incontri altre culture, anche molto diverse dalla tua, ti rendi conto che i valori con cui sei cresciuto diventano relativi. Ryuga, nel lasciare il suo mondo, crescerà. Credo anche che in un percorso di crescita è insito, in qualche modo, un bisogno di rinascere più volte, di non restare ancorati alle certezze della propria vita. In Harcadya, ho voluto, per la prima volta, tratteggiare un personaggio che inizialmente apparisse agli occhi dei lettori negativo, nel senso che è superficiale semplicemente perché è ignorante, non ha visto nulla oltre la sua isola. La sua crescita avverrà anche grazie al padre, di cui inizialmente non capirà perché lo ha abbandonato. La verità emerge anche nel confronto con gli altri.
Tu immagini un futuro in cui l’umanità si è sfaldata e non si capisce bene in quale parte del mondo è collocata la tua storia. Però, in una tavola s’intravede la statua della Libertà. Quale significato ha quel simbolo nella storia?
In realtà la storia, è in un territorio molto vicino a Napoli. Nel secondo volume, ci saranno dei riferimenti molto più chiari. La mia è una scelta provocatoria, non campanilistica, nel senso che volevo trasmettere il concetto che città come Napoli, New York o Bagdad non appartengono ai napoletani, ai newyorchesi e agli iracheni, ma appartengono a tutti. I confini sono solo limiti che s’impongono gli esseri umani. Quando viene distrutta una città come Bagdad dovrebbe interessare e dispiacere tutti. La statua della libertà ha due significati: il primo è che essa rappresenta la libertà per l’America. Però guarda caso gli Stati Uniti sono il paese che dalla Guerra d’Indipendenza è sempre in guerra e passa per la più grande democrazia del mondo. La libertà è imposta con le armi. Ecco perché ho inserito quell’immagine della statua della libertà, come simbolo di una dinastia di guerrafondai e che appartengono ad una setta satanica. La Statua della Libertà è Serapide, una dea che adoravano i babilonesi. Infatti, leggenda vuole che le dinastie che governano il mondo sono quelle che originariamente erano proprio babilonesi. Nel fumetto immagino che nel 2012 il mondo sia stato distrutto proprio da questa setta satanica.
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