Dopo la fine del programma Shuttle e il ritiro delle tre navette spaziali (diventate così pezzi da museo), l'invio degli astronauti sulla Stazione Spaziale Internazionale avviene unicamente grazie alle Soyuz russe. Certo sarebbe stato difficile, buoni propositi scientifici a parte, immaginare una situazione del genere tra la fine degli anni '60 e gli inizi dei '70, quando la corsa allo spazio era un simbolo di prestigio nazionale.
I viaggi nello spazio, almeno quelli del prossimo futuro, potrebbero invece essere legati ai viaggi commerciali, un campo che si è aperto a partire dal 2006 e che vede la SpaceX pronta ai primi lanci. Non è l'unica società interessata, perché anche la Boeing è intenzionata a portare uomini nello spazio a bordo di una propria astronave già nel 2015 o 2016.
Il suo progetto si chiama CST-100 (abbreviazione poco fantasiosa di Commercial Space Transport) e prevede il trasporto di astronauti fino alle orbite basse della Terra. I lanci avrebbero dalla Florida grazie a missili Atlas 5 (almeno all'inizio).
In un quadro più vasto, la CST-100 fa parte della strategia della NASA di riempire il vuoto lasciato dalla fine del programma Shuttle e l'inizio dello Space Launch System (SLS) che è però parecchio in là nel tempo.
La Boeing punta sul fatto che il progetto si basa su tecnologie già ben sperimentate e non pensa di inventarne di nuove, cosa che sarebbe poco sicuro in un periodo così critico. Scudi termici già visti sugli Shuttle o sulle Apollo, sistemi di aggancio già utilizzati dal Pentagono per i rifornimenti orbitali sperimentali, computer di bordo usati sul segretissimo Boeing X-37 militare.
La capsula CST-100 misura quattro metri e mezzo, può portare fino a sette astronauti, rimanere in orbita sei mesi ed essere riutilizzata dieci volte. È previsto che atterri sulla terra ferma, ma all'occorrenza può rientrare nell'oceano. Centoventi milioni di dollari è la cifra finora data dalla NASA alla Boeing per i progetti sui voli commerciali.
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