Solo un lettore appassionato può dire una frase del genere, pensi che oggi la lettura stia cedendo all' immagine e alla interattività?
A me sembra di sì. Cinema, serie TV, animazione e giochi, con la loro accelerazione tecnologica, hanno giocoforza il sopravvento. Non solo nella fantascienza. E benché un vero lettore, il più appassionato, il più accanito, non si lasci dissuadere alla lettura da tutto ciò pur frequentandolo, mi chiedo quanto la mancanza di tempo e l'immediatezza di queste altre forme scoraggino la "nascita" di nuovi lettori e il loro appassionarsi alla scrittura come forma principe di narrazione.
Veniamo alle tue radici, i tuoi scrittori di formazione (non necessariamente solo di SciFi)?
Be' in realtà c'è sempre stata una coerenza di fondo in tal senso... anche le letture non di sci-fi sono state spesso legate all'immaginario più prossimo al genere, dai primi Verne, Wells e Salgari ai Calvino, Buzzati, Borges degli anni successivi, fino a scelte precise nell'ambito della fantascienza, come quelle in ambito sociale/antropologico (Ursula Le Guin, Michael Bishop, Clifford Simak, Robert Heinlein) o classico-divulgativo (Asimov). Il tutto condito da alcuni contemporanei di pura evasione (come Richard K. Morgan) o che difficilmente si riesce a catalogare nel fantastico in senso stretto (come Jasper Fforde).
E ad un certo punto viene l'esigenza di scrivere qualcosa di proprio, magari non succede a tutti, ma a te sì. Ti metti a inventare una storia e... lo fai per i potenziali lettori o solo per te?
Scrivo innanzitutto per me. Scrivere mi diverte almeno quanto leggere, e in più c'è il vantaggio che sono io a prendere tutte le decisioni. Poi, se il risultato è soddisfacente e scatta l'ipotesi di renderlo pubblico, allora tutte le successive migliorie di forma e contenuto sono pensate per chi leggerà, a partire da un potenziale editore. Scrivere è un esercizio di solitudine. La parte "sociale", pur rappresentandone l'ovvia conseguenza, viene solo in un secondo momento, con la condivisione e, se si trova la giusta strada, la pubblicazione.
Sei un prolifico autore di narrazioni brevi, qual è la differenza di approccio tra romanzo e racconto, ti senti maggiormente predisposto per l'uno o per l'altro e, soprattutto, da lettore cosa preferisci leggere?
La differenza, per me come autore, è parecchia. Se un racconto è una breve avventura, un romanzo è una storia complessa, che ti mette alla prova molto più a fondo. Oggi mi sento onestamente in grado di affrontare entrambi. Forse, negli ultimi tempi, dopo tanti racconti, il mio desiderio è più vicino alla dimensione più profonda del romanzo. Come lettore non ho preferenze, ma il tempo che dedico ai racconti è anche dettato dalle leggi del mercato, che da sempre non favorisce le forme di narrazione breve. Bisogna avere il tempo e la pazienza di cercare, e spesso purtroppo mancano entrambi.
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