Insomma, Reynolds è un personaggio affascinante e complesso, rispettato in vita ma trascurato dalle storie letterarie anche a causa della sua stessa complessità. Troppo politico per alcuni, troppo poco incarnazione di ideali astratti di militanza per altri. Non ci sembra un buon motivo per dimenticarlo.Fantascienza e politica, nella sua famiglia, erano andati insieme da sempre. Il padre, scrisse Reynolds in un ricordo autobiografico citato in un sentito, dettagliato apprezzamento di Vittorio Catani,[4] si chiamava Verne perché il nonno era appassionato lettore di Jules Verne. E Verne L. Reynolds era stato una figura di primissimo piano del Socialist Labor Party of America, partito socialista marxista importante negli Usa tra fine Ottocento e inizio Novecento (anche se teoricamente attivo fino a pochi anni fa), diffuso soprattutto fra i lavoratori di origine tedesca, scandinava e dell’Europa orientale, che in Daniel De Leon espresse almeno una figura di grandissimo rilievo nel sindacalismo americano.[5] Per il SLP, fra il 1924 e il 1932, Verne Reynolds fu candidato prima alla vicepresidenza e poi due volte alla presidenza Usa. Fantascienza e SLP ebbero almeno due punti di contatto: per qualche anno, un suo attivista fu il giovane Jack London, l’autore del Tallone di ferro, distopia importante ben oltre il campo letterario; soprattutto, nel partito confluirono molti appartenenti ai Nationalist Club ispirati a Looking Backward (1887), il romanzo utopico di Edward Bellamy che identificava la speranza socialista-ugualitaria con il sogno di uno sviluppo industriale in grado di liberare l’umanità dalle pene del lavoro. E che radicava speranza e sogno nella nazione americana.
Ecco, questo è forse un elemento in cui il “radicalismo” di Reynolds si distacca da molte aspettative: un’ideale utopico basato sull’abbondanza economica, e ambiguamente legato – in una lunga tradizione Usa – all’espansione territoriale.
Nato in California, Dallas McCord “Mack” Reynolds rimane sempre legato all’Ovest statunitense, il luogo del mito espansivo della frontiera. Dopo un intenso periodo di militanza giovanile, un apprendistato giornalistico e il servizio militare durante la Seconda Guerra Mondiale, trova lavoro alla IBM, poi nel 1949 si stabilisce a Taos, cittadina del New Mexico che era stata buon ritiro bohemien per tanti intellettuali. Scrittore semiesordiente, a Taos incontra Fredric Brown, che lo avvicina alla fantascienza. Come per Brown (e per Philip Dick), in quegli anni è intensissima la scrittura di racconti, grazie al proliferare delle riviste. Ma se Reynolds è un autore prolifico – oltre quaranta romanzi – la sua principale attività professionale diventa il giornalismo. Negli anni Cinquanta e fino al 1963 lavora come travel editor per Rogue, rivista patinata di Hugh Hefner, l’editore di Playboy, che insieme alle foto delle pin-up pubblica articoli e racconti di autori di primo piano (compreso il nostro Alberto Moravia) e, che anche grazie a redattori come Frank Robinson e Harlan Ellison, riserva uno spazio di riguardo alla SF. Come inviato di Rogue Reynolds gira il mondo, mentre con la seconda moglie si trasferisce in Messico, dove continuerà a vivere fino alla morte nel 1983.
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