Insomma, Reynolds è un personaggio affascinante e complesso, rispettato in vita ma trascurato

Ecco, questo è forse un elemento in cui il “radicalismo” di Reynolds si distacca da molte aspettative: un’ideale utopico basato sull’abbondanza economica, e ambiguamente legato – in una lunga tradizione Usa – all’espansione territoriale.
Nato in California, Dallas McCord “Mack” Reynolds rimane sempre legato all’Ovest statunitense, il luogo del mito espansivo della frontiera. Dopo un intenso periodo di militanza giovanile, un apprendistato giornalistico e il servizio militare durante la Seconda Guerra Mondiale, trova lavoro alla IBM, poi nel 1949 si stabilisce a Taos, cittadina del New Mexico che era stata buon ritiro bohemien per tanti intellettuali. Scrittore semiesordiente, a Taos incontra Fredric Brown, che lo avvicina alla fantascienza. Come per Brown (e per Philip Dick), in quegli anni è intensissima la scrittura di racconti, grazie al proliferare delle riviste. Ma se Reynolds è un autore prolifico – oltre quaranta romanzi – la sua principale attività professionale diventa il giornalismo. Negli anni Cinquanta e fino al 1963 lavora come travel editor per Rogue, rivista patinata di Hugh Hefner, l’editore di Playboy, che insieme alle foto delle pin-up pubblica articoli e racconti di autori di primo piano (compreso il nostro Alberto Moravia) e, che anche grazie a redattori come Frank Robinson e Harlan Ellison, riserva uno spazio di riguardo alla SF. Come inviato di Rogue Reynolds gira il mondo, mentre con la seconda moglie si trasferisce in Messico, dove continuerà a vivere fino alla morte nel 1983.
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