Mack Reynolds (1917-1983) rappresenta un caso praticamente unico nel panorama della fantascienza made in Usa. Buona parte dei suoi racconti e romanzi, spesso genialmente anticipatori, di agile scrittura e dotati di una felice verve, si basa su tematiche insolite: i suoi interessi concernevano soprattutto le discipline economico-sociali e l’antropologia. Nel 1940 fu segretario di John Aiken, candidato alla presidenza del Partito Socialista dei Lavoratori, di ispirazione trotzkista. “Sono un radicale militante”, diceva di sé Reynolds, “né comunista né socialista, e penso che nell’immediato futuro interverranno grandi mutamenti nel nostro sistema socioeconomico. Nella mia narrativa io mi sforzo di lavorare su questi argomenti”. Ebbe una copiosa produzione, non sempre dai risultati perfetti, ma molte sue opere meriterebbero ampiamente un’adeguata riproposizione, e altre – del tutto trascurate – di essere tradotte nel nostro Paese.
Indagando sulle origini e le ascendenze culturali di Reynolds, si apprendono queste ulteriori notizie. Dallas McCord “Mack” Reynolds nacque il 12 novembre 1917 a Corcoran, California, figlio di Verne LaRue Reynolds (un rivoluzionario) e Pauline McCord. Nel settembre 1947 Mack sposò Nelen Jeanette Wooley, dalla quale ebbe tre figli: Emil, L’Verne e Dallas Mack.
Completati gli studi a New York, all’età di 19 anni Mack divenne reporter presso il “Catskill Mountain Star” e l’“Oneonta News”. Successivamente fondò una rivista, il “Catskill Mountain Digest”. Durante la seconda guerra mondiale combatté nella marina e fu ufficiale di rotta nel Sud Pacifico. Congedato nel ’44, si dedicò alla nuova carriera di scrittore free-lance. Intanto era corrispondente dall’estero per “Rogue” ed era stato supervisore presso l’IBM. I suoi interessi concernevano soprattutto le discipline economico-sociali, l’antropologia, le civiltà antiche (in particolare quella pre-colombiana, di cui collezionava reperti). Di sé Reynolds ha scritto ancora:
“Sono nato nella fantascienza. Mio nonno era un acceso fan di Jules Verne, tanto che chiamò Verne L. Reynolds mio padre; il quale a sua volta rimase fortemente colpito dalla lettura di Looking Backward, il romanzo utopico di Edward Bellamy. Da giovane fu membro dell’IWW, l’International Workers of the World, e più tardi del Partito Socialista. Successivamente preferì passare al Partito Socialista dei Lavoratori, e ne fu il candidato alla vicepresidenza negli anni 1924, 1928 e 1932.
Nel dopoguerra incominciai a scrivere racconti e articoli, nel 1946 vendetti la mia prima storia a “Esquire”. Dopo aver pubblicato altre storie, specialmente di detective, decisi di diventare scrittore a tempo pieno. Con mia moglie l’accordo era che se dopo un anno non fossi riuscito a guadagnarmi da vivere, avrei rinunciato alla scrittura e sarei tornato a fare il giornalista o a lavorare per l’IBM.
Ci spostammo a Taos, nel Nuovo Messico, dove risiedeva Fredric Brown. Questi mi fece notare che dovevo essere matto a cercare di scrivere gialli durante il giorno e trascorrere le serate leggendo fantascienza. Ciò accadeva nel 1949. Da allora decisi di dedicarmi alla sf. Nel 1950 riuscii a vendere trentacinque racconti: fu l’avvio della mia carriera. Inoltre per un certo tempo “Rogue” mi affidò dei réportages di viaggio. Quel periodo durò dieci anni, nei quali visitai in totale settantacinque nazioni, anche per conto del Partito Socialista dei Lavoratori cui ero iscritto. Intanto continuavo a scrivere fantascienza. Infine mi stabilii in Messico, dove costruii una casa.
Credo che la fantascienza mi piaccia perché in essa vi sono pochi tabù: posso dire, e dico, qualunque cosa desideri. E penso di avere un sacco di cose da tirar fuori.
Inoltre credo che gli scrittori dovrebbero trattare delle cose che conoscono. Quando racconto storie che si svolgono nel centro del Sahara, o nel Borneo, il lettore può essere certo che io sono stato sulla scena.”
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