Il cinema non ci mise molto a interessarsi di quella storia, la prima in cui veniva introdotto il personaggio di John Carter, soldato dell’esercito americano che “trasmigra” improvvisamente sul Pianeta Rosso, dove grazie alla bassa gravità diventa un eroe quasi imbattibile, nonostante la tecnologia superiore delle civiltà marziane. Looney Tunes volle farne un film d’animazione negli anni Trenta, che sembrò concretizzarsi finché le reazioni negative di una selezionata platea potenziale convinse i produttori e la MGM, che avrebbe distribuito il film, a fare marcia indietro. La pellicola di prova venne ritrovata negli anni Settanta dal nipote di Edgar Rice Burroughs: si trattava di un film d’animazione di sorprendente modernità, facendo uso di tecniche avanzate per quegli anni come il rotoscopio e alcuni rudimentali sistemi per tradurre in animazione le movenze di un vero attore che avrebbe impersonato John Carter. Era destino che fosse una grande major dell’animazione come la Disney-Pixar a prendere il testimone di quel progetto. La Disney aveva già provato a tirare fuori un grande film negli anni Ottanta, per rispondere al successo di un’altra space opera cinematografica, la saga di Star Wars. Ma gli effetti speciali richiesti sembravano all’epoca troppo onerosi, e anche quella volta il progetto non si concretizzò. I diritti vennero quindi acquistati, alcuni anni fa, dalla Paramount, dopo un’aspra contesa con la Columbia. Anche in quel caso il film finì per arenarsi, intorno al 2006, affondato da mille difficoltà burocratiche emerse nel frattempo. Dopo aver riacquistato i diritti, la Disney nel 2007 decise di fare sul serio. Nel progetto è stata coinvolta la Pixar, capace di coprire un’audience diversa da quella della Disney – il film è stato distribuito con un PG-13, che in America significa obbligo di accompagnamento dei genitori per un pubblico al di sotto dei tredici anni –, e la regia è stata affidata a Andrew Stanton, veterano della Pixar, essendo l’autore di alcuni dei più grandi successi della casa di produzione: Toy Story e i suoi seguiti, A Bug’s Life, Alla ricerca di Nemo e WALL-E sono tutte storie nate dalla sua immaginazione. La sceneggiatura di John Carter (la Disney ha espunto il riferimento a “Marte” nel titolo, giudicandolo compromettente a livello di marketing) è stata scritta insieme a Mark Andrews, principale sceneggiatore della serie animata Star Wars: Clone Wars, e a Michael Chabon, scrittore di grande successo, noto ai lettori di fantascienza per aver firmato Il sindacato dei poliziotti yiddish (premio Hugo 2008 come miglior romanzo), e scelto soprattutto per il successo del suo romanzo fantasy per “young adults”, Summerland.
Come sarà questo John Carter, che vuol’essere il primo capitolo di una possibile trilogia, considerando che i romanzi del ciclo di Burroughs sono ben 15? Lo vedremo questo mese, quando il film uscirà nelle sale. Il film punta tutto, naturalmente, sull’azione e su un’abbacinante fotografia che sembra rendere perfettamente il sense of wonder del Marte di Burroughs, che gli indigeni chiamano Barsoom. Ma John Carter non è un novello Conan, come il film sembra suggerire, affidando il ruolo da protagonista a Taylor Kitsch, modello canadese dal fisico scolpito, praticamente un esordiente sul grande schermo.
Il Carter di Burroughs riesce sì ad avere la meglio su popoli barbari, pirati efferati, e bestie innominabili, ma ce la fa sia perché la gravità ridotta decuplica le sue prestazioni fisiche, sia grazie a un ingegno superiore. Non sono storie di cappe e spada, ma romanzi di science fantasy non privi di una certa modernità nei temi affrontati. La principessa Dejah Torris, di cui John s’innamora, impersonata al cinema da Lynn Collins (il pubblico fantascientifico la ricorderà come la bella Kayla in X Men: Le origini – Wolverine, dove per inciso ha recitato anche Kitsch), non è la tipica eroina da salvare che riempiva la space opera degli anni Venti e Trenta, ma è antesignana delle tante donne forti della fantascienza, dalla Lianna di Fomalauth de I sovrani delle stelle alla principessa Leia Organa di Guerre stellari. Donne intelligenti che occupano posizioni di grande rilievo politico. Non manca inoltre, nelle storie di John Carter, un’evidente presa di posizione positivista contro la superstizione e il misticismo che impregna le pseudo-religioni di Barsoom. E un solido messaggio pacifista: John Carter sfugge la lotta e il duello, combatte solo se costretto, uccide solo in caso di necessità, non riuscendo a evitare di rammaricarsene in seguito.
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