Se si chiede agli appassionati di fare il nome di uno scrittore di fantascienza contemporaneo, un po' pazzo, abbastanza nerd nonostante i suoi cinquantasei anni suonati, è probabile che molti penseranno a Rudy Rucker. Intanto Rudolf Bitter von Rucker, nato in una città del Kentucky e con un antenato importante come il filosofo tedesco Hegel, doveva per forza cambiare nome per districarsi nella giungla selvaggia dell'America degli anni Sessanta. Perché uno con quel nome cos'altro poteva fare se non prendersi un dottorato in logica matematica, insegnare informatica, scrivere software innovativo, fare il frontman di un gruppo rock, dipingere quadri e infine dedicarsi alla saggistica ma soprattutto alla fantascienza, vincendo due volte il Philip K. Dick Award con due romanzi del favoloso ciclo Ware (Software, Wetware, Freeware e Realware), distinguendosi come uno degli scrittori più importanti e innovativi degli ultimi decenni? E infatti è proprio ciò che Rucker ha fatto, e che ha raccontato nella sua autobiografia, Nested Scrolls: The Autobiography of Rudolf von Bitter Rucker, uscita negli USA alla fine dello scorso anno. In questi giorni Rucker ha rilasciato una lunga intervista a Boingboing.net, il celeberrimo blog creato da Cory Doctorow, nella quale ha riassunto la sua vita e la sua filosofia. Entrambe rigorosamente nerd, com'è ovvio.
Tutto iniziò con Paperino. E con i fumetti di Carl Barks (leggendario autore Disney), da cui Rucker imparò la tecnica dello storytelling e come creare dei personaggi giusti: "Erano storie intelligenti, ben progettate, e Paperino era un vero antieroe: egoista, pigro, avido, irascibile. Lo amavo, ed era il tipo di adulto che volevo diventare. [...] Nella mia fiction mi piace scrivere di personaggi non idealizzati. Gente in cui ti puoi immedesimare. Un'altra cosa importante di quei cartoons erano quello stile gommoso. Mi sono sempre piaciute le cose curve e morbide, così quando ho iniziato a scrivere fantascienza sui robot ho subito trovato il modo di renderli simili ai personaggi dei fumetti". Sul piano visivo, l'immaginazione di Rucker è stata molto influenzata dalle opere del pittore fiammingo Pieter Bruegel il Vecchio: "Il mio unico libro non fantascientifico è una versione romanzata della sua vita (As above, so below), ed è il libro che regalo a chi dice di non leggere fantascienza. Il suo stile è molto luminoso, così come voglio che siano i miei testi, e i personaggi dei suoi dipinti sembrano essere modellati su persone reali. È il tipo di sfumatura che porto nella scrittura, e che chiamo Transrealismo: cercare di ispirarmi, per i miei personaggi, a persone che ho incontrato, a volte condensando più caratteri in un unico personaggio".
In effetti il Transrealismo è una tecnica letteraria che mescola gli usuali argomenti della fantascienza con percezioni provenienti dalla realtà, non di rado autobiografica, dell'autore. Rucker coniò il termine negli anni Ottanta con riferimento a Un oscuro scrutare di Philip K. Dick, che definì "autobiografia trascendentale", e secondo questa definizione anche autori, ad esempio, come Thomas Pynchon, James G. Ballard, Ian Banks e James Tiptree Jr. l'avrebbero inconsapevolmente utilizzata. Ed è indubbio che Dick ha esercitato influenza su di lui: "La mia sensazione è che Dick non fosse del tutto serio in quegli strani e allucinanti trip che ha tirato giù nei suoi ultimi anni. In un certo senso, quei trip potevano essere il suo modo di divertirsi. [...] Recentemente ho riletto Ma gli androidi sognano pecore elettriche?, il libro su cui è basato Blade Runner, e come sempre il film viene spazzato via dal sottile umorismo e dalla vivacità dei dialoghi di Phil. La durezza degli androidi è grande. Così come la freddezza con cui i personaggi raccontano ciò che gli passa per la mente. [...] Phil è ancora una fonte d'ispirazione."
Tornando a Nested Scrolls, Rucker racconta come scambiarsi lettere con gli amici sia stato un ottimo apprendistato alla scrittura: "Sembra veramente arcaico ora. Un mondo perduto. Non è che non puoi imparare a scrivere con l'e-mail: in un modo o nell'altro, si arriva a corrispondere talmente tanto da raggiungere i ritmi del linguaggio naturale nella prosa". E ancora: "Gregory Gibson era mio compagno di stanza all'ultimo anno del college. Volevamo entrambi diventare scrittori, e nel corso degli anni ci siamo scambiati un mucchio di lettere. Iniziammo a scrivere un romanzo mandandoci i capitoli per posta. S'intitolava The Snake People e parlava di alieni invisibili che s'intrufolavano nel cervello quando si andava su di giri. Succedeva tutte le volte che fumavamo hashish. Fu divertente trasformare le nostre vite in fantascienza". Per la cronaca Gibson (nessuna parentela con William Gibson) è diventato anche lui uno scrittore, specializzandosi in libri d'indagine storica.
Sul suo rapporto con il cyberpunk, genere che di fatto ha contribuito a definire, Rucker ammette: "Ho la sensazione di non essere molto popolare tra i fan 'duri e puri' della fantascienza. In fondo, dopo ventuno romanzi non ho mai avuto una nomination né per un Hugo né per un Nebula. Può essere che il mio pubblico si trovi un po' al di fuori della tradizionale zona fantascienza". E che Rucker si sia sempre considerato un outsider lo dimostra quando risponde a una domanda riguardo la sua partecipazione al movimento cuberpunk: "Anche se ora il cyberpunk è considerato un sottogenere di grande successo, all'inizio eravamo molto criticati. Ma era quello che volevamo. Se non fai incazzare nessuno, vuol dire che non ci stai dando dentro abbastanza".
Come tutti i fan sanno, la passione per la ricerca matematica pura è sempre presente nei suoi testi (nonché nei suoi numerosi saggi, come La mente e l'infinito e La quarta dimensione): "La matematica è una fonte di idee fantascientifiche sempre fresche. E lo stile del pensiero matematico è un ottimo allenamento. Spesso nella ricerca parti da un set di assiomi ed esplori ciò che se ne può dedurre. Creare un mondo sci-fi è un esperimento mentale abbastanza simile. Fai le ipotesi più pazze e selvagge che puoi, e vedi cosa ne può uscire. Ma quando scrivo fantascienza, posso anche fare il contrario: ipotizzo un risultato finale fico, come, che so, la nostra Terra che diventa infinitamente piatta, e poi provo a escogitare un buco nelle leggi della fisica che mi permetta di giustificarlo. Se sei disposto a dare uno scossone alle leggi, puoi permetterti di trovare una giustificazione logica a qualunque fenomeno e portarlo alle sue conseguenze logiche, con alcuni gustosi effetti extra gratis. Tenete presente che, culturalmente parlando, i matematici sono la forma di vita più vicina agli alieni che vi capiterà di incontrare. Più strani dei rocchettari, più strani degli hacker, più strani persino degli appassionati di fantascienza. È la mia gente".
Ma nella vita di Rucker non c'è stata solo la matematica. "Gli automi cellulari non sono conosciuti come i frattali ma sono altrettanti belli. Sono come video che si autogenerano. Si può mandare in esecuzione su un computer un automa cellulare; è come guardare un tappeto vivente." E poi: "È stata una fortuna trovarmi nella Silicon Valley nel 1986. Ho continuato a scrivere pur insegnando informatica, e ho fatto un po' di lavori per l'industria del software. Cavalcavo le onde, surfavo tra i pixel. È stato bello, ma sono contento di essermi ritirato dalla programmazione e dall'insegnamento. Quando guardo un vecchio film, degli anni Quaranta o giù di lì, la gente sembra così calma. Non hanno smartphone, non hanno computer, si prendono tutto il tempo che vogliono. Si piazzano su una sedia a fissare il vuoto. Penso che un giorno troveremo il modo di tornare a quella specie di Eden. Le macchine si scioglieranno. Inizialmente piazzeremo dispositivi miniaturizzati in piante e animali, e questa è biotech. Poi arriveremo a quello che io definisco Hylotech: cioé un modo per parlare con gli oggetti, e vedere che, da un punto di vista quanto-computazionale, sono vivi".
E la speculazione sul futuro riguarda anche temi come la singolarità e l'immortalità, che Rucker ha trattato nei suoi ultimi romanzi Postsingular del 2007 e Holozoic del 2009, entrambi inediti in Italia: "Da giovane ero molto più attratto dall'immortalità di quanto lo sono ora. Penso che le persone ossessionate dall'immortalità si trovino in un trip dell'ego, e non accettano che il mondo vada avanti benissimo anche senza di loro. Certo, la tecnologia avanza, vedremo la gente vivere più a lungo. E alla fine fantascientifica delle cose, vedremo nanobot iniettabili per la cura del corpo, coltivazioni di corpi clonati, o la possibilità di uploadare la mente in un corpo artificiale. Ma non vedo come cose del genere possano succedere a breve. Ultimamente c'è parecchia aspettativa sulla singolarità, termine che significa cose diverse per persone diverse. [...] Secondo alcuni, entro una trentina d'anni avremo nanobot, upload eccetera. Di solito, questi sono gli stessi che provano a venderti delle vitamine costose per aiutarti a resistere. È una bella truffa. Per questo ho scritto Postsingular, per superare tutto questo gran mare di stronzate e tirare fuori un bel pezzo di fantascienza d'avanguardia."
Riguardo ai suoi prossimi progetti letterari, Rucker è chiaro: "Sto pianificando un romanzo che potremmo intitolare The Big Aha. Una seconda rivoluzione psichedelica che non comporti l'uso di droghe. Magari utilizzando l'entanglement quantistico per entrare in sintonia con la funzione d'onda universale. O magari un certo tipo di suono. O forse, chi lo sa, vedremo. In tutti questi anni non ho mai smesso di cercare un grande aha". Il link all'intervista completa, molto lunga e articolata e che tocca anche temi personali, è presente nelle Risorse in rete. Quel che è certo è che Rucker non ha ancora smesso di stupire, di pensare e di scrivere da nerd. Il che in fondo significa soltanto non porsi limiti, se non quelli della propria perversa, sfrenata, quantistica e indeterministica fantasia. Limiti che nel caso di Rucker sembrano essere molto lontani dall'essere raggiunti.
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