La storia dell’isola dei pellicani, come la chiamarono gli spagnoli nel 1775, inizia con un faro, costruito dal primo e in effetti unico proprietario dell’isola, prima che ritornasse di proprietà del governo americano. Prima di diventare la prigione che tutti conosciamo grazie al cinema, Alcatraz fu una vera e propria fortezza e le leggende parlano di lunghi e tortuosi tunnel scavati nelle profondità dell’isola, quando l’esercito tentò di creare dei bunker sotterranei a prova di bombardamenti. Infine, dal 12 ottobre 1933 al 21 marzo1963 divenne un carcere federale, che vide ospiti famosi (o famigrati) come Al Capone. Poi, visti gli alti costi di gestione, la prigione venne chiusa e i detenuti spostati in altre carceri. O almeno, questa è la storia ufficiale. Quando inizia il pilot di Alcatraz, la nuova serie televisiva di JJ Abrams, la situazione è molto diversa: due agenti di polizia arrivano sull’isola la notte del 20 marzo 1963, ma nessuno li aspetta all’ingresso. Nel piazzale davanti al molo un furgone è stato abbandonato, le luci sono accese, le porte aperte, ma non si vede nessuna delle guardie preposte al controllo, nemmeno nelle torri di controllo. Ma è quando entrano nella struttura vera e propria che i due scoprono la reale dimensione del problema: le celle sono vuote, come se fossero state abbandonate in fretta. Ogni oggetto è ancora al suo posto, ma intorno a loro non c’è anima viva. Nessun prigioniero, nessuna guardia. In una sola notte, all’improvviso, Alcatraz è diventata un’isola fantasma.
Nel 2012, l’isola è da decenni un’attrazione turistica, dove è possibile scoprire le condizioni in cui vivevano i prigionieri dell’epoca. Ma è un periodo lontano e perduto, giusto? Almeno fino al momento in cui una bambina senza un rumore provenire da un area chiusa al pubblico e si inoltra in un braccio abbandonato del carcere. Quando le sue grida attirano le guardie e i turisti, si scopre che in una delle celle è sdraiato un uomo, che sembra intontito e spaesato. L’uomo si allontana dalla folla e una volta uscito, osserva il paesaggio sempre più frastornato. Ha un biglietto per il traghetto, dei soldi e una chiave. Mentre la nave si sposta verso la città, l’uomo legge un saggio sui carcerati che sono passati di lì negli anni precedenti. E scopriamo che proprio lui, Jack Sylvane è uno di loro ed ha ancora lo stesso identico aspetto della foto, datata 1960.
Nel frattempo, la giovane detective Rebecca Madsen (interpretata da Sarah Jones) ricorda il momento più drammatico della sua carriera: sta inseguendo un sospettato, almeno fino a quando questi non lascia il suo collega detective appeso a un cornicione. Il sospetto si volta a guardare la ragazza per un lungo momento, sembra persino stupito. Lei abbandona l’inseguimento nel tentativo di salvare il collega. Non ce la farà.
Il suo capo le dice che deve andare avanti e trovarsi un nuovo collega. Ma la segnalazione di un omicidio interrompe la conversazione. Un omicidio che cambierà per sempre la sua vita. Quando arriva sulla scena del crimine scopre che la vittima è l’ultimo ex vice direttore di Alcatraz, ma è anche l’unica cosa che riesce a scoprire prima che un nuovo personaggio faccia il suo ingresso: Emerson Hauser (Sam Neill) ha un atteggiamento dispotico e dice di essere un federale. Ma soprattutto, estromette Rebecca e chiunque altro dalle indagini, ma non prima che lei scopra una foto incorniciata, che decide di tenere per sé.
Chi sono i due personaggi nella foto e a chi appartiene l’impronta trovata sulla cornice, sono i due elementi che fanno entrare in scena un personaggio particolare: Diego Soto (Jorge Garcia), proprietario di un negozio di fumetti, ma soprattutto esperto sulla storia e i segreti di Alcatraz, su cui ha scritto quattro saggi, compreso quello letto da Jack Sylvane. Rebecca lo coinvolge nella sua indagine privata, che li porta proprio sull’isola, in un magazzino chiuso al pubblico dove sono stipati tutti i documenti e tutti gli oggetti presenti nel carcere prima della chiusura. Qualcuno, però, è sulle loro tracce e lo scoprono nel modo peggiore. Quando si risvegliano si ritrovano in una stanza asettica, con schermi e apparecchiature ipertecnologiche. Nonché Emerson Hauser, insieme alla misteriosa Lucy banerjee (Parminder Nagra, vista in E.R.). Hauser accetta di malavoglia di coinvolgerla nella sua indagine e li mette al corrente della storia nascosta del carcere. Poi li conduce in una stanza dove sono state appese le foto di tutte le persone scomparse il 20 marzo 1963. Ed è qui che Rebecca fa una scoperta sconcertante: suo nonno, che lei credeva fosse stato un secondino della prigione, era in realtà un detenuto, per la precisione il detenuto 2002, mentre jack Sylvane era indicato come il 2024.
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