A qualunque viaggiatore del tempo di passaggio nella nostra epoca, il nome Valerio Evangelisti richiama alla mente lo scrittore e saggista bolognese che tutti quanti  ben conosciamo. Per quelli col crono-navigatore in panne, invece, sarebbe il caso di spendere due spiccioli di biografia ricordandogli che dal 1979 Evangelisti è autore numerosi saggi storici, sconfinando poi con enorme successo dal 1993 nella narrativa fantascientifica. Vinto il Premio Urania con il romanzo Nicolas Eymerich, inquisitore, ;il suo personaggio ricco di chiaroscuri dà vita a una serie che a oggi comprende una decina di romanzi, più racconti, collaborazioni, fumetti e versioni radiofoniche.

Quel che per molti sembrerebbe un approdo per lui è solo l’inizio, cui fanno seguito una moltitudine di cicli. Dalla serie Magus, al west sulfureo di Pantera, dalla mitica Tortuga dei pirati caraibici, alla rivoluzione Messicana, oltre ai volumi sul sindacato americano, come Antracite e One big union. Visto che la sola narrativa gli va stretta, si occupa di cinema con la rivista Nocturno e di critica politica con la testata Carmilla, di cui è direttore editoriale.

In pratica, Evangelisti spazia e noi si stringe sempre più, comprimendone l’opera come se zippassimo l’Enciclopedia Britannica. Il Tom-Tom dimensionale ne avrà risentito? Basta controllare. La copertina bianco e arancio del “DURONIA” di questo mese ci rassicura: è appena uscito “I calli dell’inquisitore”.

Viaggiamo ancora nell’universo giusto.

 

 

Inquisitori, Indovini, Gangsters, "Paleri", Pirati: il più rispettabile dei tuoi personaggi è quasi sempre un tipo che nessuno vorrebbe mai incontrare da solo in ascensore. Ti affascina di più la dimensione oscura dei tuoi eroi o quel che nascondono come controparte positiva?

I miei personaggi sono tutti modellati sulla parte peggiore di me stesso. In qualche caso la similitudine è molto forte (Eymerich), in altri fortissima (Pantera), in altri ancora molto lontana (Eddie Florio in Noi saremo tutto). Sta di fatto che sto componendo una specie di autobiografia. Certo possiedo poi caratteri positivi che i miei protagonisti non hanno, pur appartenendo come me alla tipologia umana che la psicologia chiama "schizoide" - vale a dire tendente all'asocialità più estrema.

Nei romanzi del ciclo di Eymerich, il nostro inquisitore preferito risolve ogni minaccia all'equilibrio del mondo con soluzioni tanto vincenti quanto coercitive. Pensi che la società possa migliorare soltanto con un atto di forza?

Non penso che la società possa migliorare più di tanto. In ogni caso, i salti epocali (tipo la Rivoluzione francese, che abolì la schiavitù, la tortura e altri orrori) sono stati attuati con la forza e la coercizione. Sarebbe auspicabile che, nel secolo XXI, non fosse più così. Il panorama che ho sotto gli occhi, tuttavia, non mi rende troppo ottimista.

Secondo te, che ruolo potrebbe avere una figura intransigente come Nicolas Eymerich nell'ambito di una Chiesa come quella contemporanea?

Ricordiamoci che l'attuale papa proviene dal Santo Uffizio... Ma Eymerich è a suo modo un ribelle, non rispetta nessuna gerarchia, ecclesiastica o civile. Per usare un linguaggio attuale, non è "di destra", visto che non ama l'ordine costituito, e non è "di sinistra", perché non coltiva ideali egualitari. Intende disciplinare tutti a suo modo, e si considera l'unico legittimo interprete della volontà divina. In ultima analisi, la sua.

L'intersecarsi di più dimensioni temporali è una presenza costante in molte avventure del tuo ciclo. Si tratta solo di un espediente letterario, diffidi come Borges sull'immutabilità della freccia del tempo, oppure sei un ritardatario cronico e sogni anche tu di sbomballare l'orologio di Greenwich?

Niente di tutto questo. Da un lato amo alludere a problematiche attuali. D'altro lato desidero evidenziare come certi pericoli, tipo l'autoritarismo "affascinante" di cui Eymerich è portatore, operino anche ai giorni nostri. Ma c'è un terzo motivo. Per indole sono portato a dare alle mie storie una spiegazione razionale. Spesso non è rintracciabile all'epoca di Eymerich: bisogna cercarla ai nostri tempi, magari in pensatori "eretici" però radicati nella cultura scientifica. Ciò mi induce a spostare il medioevo nelle sue risonanze ai tempi nostri, in cui talora si è assottigliato il margine tra scienza e magia.