Potrà anche essere piaciuta a qualcuno, ma la svolta narrativa operata nella stagione quattro di Fringe ha fatto scappare ben un terzo del pubblico totale, il cui numero non era altissimo nemmeno prima. Ma, in questo momento di incertezza per il futuro della serie, non è la creatività a essere l'ago della bilancia, bensì gli affari.
Il che significa che in questi giorni la discussione si è spostata ai piani alti, ovvero tra gli executive della Fox, che manda in onda il telefilm, e quelli della Warner, che lo produce. Anche se il boss dell'emittente, Kevin Reilly, ha onestamente ammesso che Fringe è più una perdita che un guadagno (di fatto è solo una perdita), è pur vero che ha dichiarato di essere assolutamente interessato a tenerlo in onda, se il prezzo è giusto.
Il punto su cui ruota tutta la discussione è uno solo: il costo dei diritti di messa in onda che la Fox paga alla Warner. E in tal senso, sempre Reilly ha sottolineato che "l'accordo tra le emittenti e la casa di produzione deve cambiare per continuare a mandare in onda il telefilm".
Questo non ha nulla a che fare con un amore sperticato nei confronti della serie, bensì con un semplice dato pratico: negli Usa, se un telefilm raggiunge i cento episodi è molto più appetibile per la successiva vendita alle emittenti minori, che mandano in onda le repliche. Un numero che la Warner ovviamente desidererebbe raggiungere, ma che richiede però una quinta stagione intera, non accorciata, per essere raggiunto.
Quindi una conferma alla stagione cinque significherebbe due cose: grossi guadagni nella vendita dei diritti per la Warner e un significativo abbassamento dei costi degli stessi per la Fox. E, secondo alcune fonti, per la Fox potrebbe essere una una buona occasione per rimpolpare il suo palinsesto, visto che sia Bones che House hanno ormai gli anni contati per raggiunti limiti di età e abbassamento degli indici di ascolto.
Ma, d'altro canto, l'emittente potrebbe decidere di testare nuovi telefilm, senza contare che il recente Alcatraz si sta comportando benissimo in termini di rating anche al secondo episodio, che ha visto una perdita di solo un decimo del pubblico dopo la premiere.
Nel frattempo Joshua Jackson, il più strenuo difensore della sua stessa serie, ha raccontato a MTV che c'è anche un piano B: "Gli executive stanno anche valutando l'idea di spostarsi su un altro network. Lo scenario televisivo americano è cambiato, e ora la cancellazione su Fox non significa necessariamente la morte per il telefilm".
Visto però il calo di rating, è difficile che gli altri canali in chiaro possano essere interessati a recuperarlo, mentre il mondo televisivo via cavo potrebbe anche trovare interessanti i suoi indici di ascolto.
Ma è lo stesso Jackson ad ammettere per primo che l'unico ingrediente in grado di tenere in onda Fringe è il pubblico: "Il telefilm si trova in una posizione imbarazzante, nel limbo o meglio sotto il limbo. Ma se gli spettatori tornassero a seguirlo nell'ora e nel giorno in cui va in onda e se i numeri si rialzassero, allora ci sarebbe una possibilità".
A sua volta, se quella attuale dovesse essere l'ultima stagione, "la cancellazione mi darebbe fastidio perché abbiamo tenuto compagnia a un pubblico affezionato e leale per tutti questi anni, per poi non dargli una chiusura degna di questo nome. Non so quante ore servano agli autori per implementare un end game, ma ne abbiamo ancora molte di messa in onda. Io penso che se scoprissimo che è finita nelle prossime settimane, non ci sarebbero problemi per ottenere il finale che si suppone dovrebbe avere la serie".
Insomma, tutto a posto e niente in ordine. Voi cosa pensate: sperate ancora in un salvataggio o solo in un degno finale di serie?
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