Il giorno che iniziò l’assedio, Valentine era al cinema di fronte al suo palazzo. Il cinema era cresciuto solo la notte prima e quando era scesa dal letto e lo aveva visto là, tutto impalcature di argentea filigrana e ardite, ampie curve rosse come mele candite, aveva implorato Mata e Popa di lasciarcela andare. Sapeva che tutti i bambini del palazzo ci avrebbero passato la giornata… la loro banda non esplorava insieme ogni nuova meraviglia? La settimana prima c’erano state quelle piccole macchine volanti intelligenti, che schizzavano a pochi millimetri una dall’altra come piccioni che ti volavano sulla testa. Prima ancora c’era stata la foresta di dolci dove sugli alberi crescevano cioccolatini ripieni e merendine, e tutti i ragazzi e le ragazze in città c’erano stati, ridendo e mangiando fino ad avere dolore alla pancia e ai fianchi. E prima ancora, gli sciami di insetti robot che avevano raccolto tutte le briciole di spazzatura e di polvere e le avevano portate ai confini della città, dove in qualche modo le avevano masticate e ne avevano fatto fabbriche dai colori splendenti ed eteree come voliere. Prima ancora: pesci nel fiume. Prima ancora: i nuovi palazzi di appartamenti. Prima ancora: i nuovi ospedali. Prima ancora: i nuovi uffici governativi.
Prima ancora: la rivoluzione, che Valentine ricordava appena…all’epoca era una bambina di dieci anni, non una ragazza grande di tredici come adesso. Tutto quello che ricordava era un lungo periodo in cui aveva sempre un po’ fame e in cui tutto era grigio e sporco e Mata e Popa sussurravano rabbiosamente tra loro quando pensavano che lei dormisse e in cui il suo fratellino Trover piangeva ogni notte di un pianto debole e sommesso che faceva arrabbiare anche lei.
Il cinema era fantastico, la più grande meraviglia mai vista, per quel che la riguardava. Lei e le altre ragazze si affollarono in una balconata e smanettarono con i comandi finché non si sollevò in aria – come avevano strillato! – e volò esattamente al proprio posto appena sotto l’ampia volta della cupola. Da lì lo schermo era un po’ distorto, ma riuscivano a contare le chiazze di calvizie sulle teste dei vecchi eroi di guerra che annuivano insieme solennemente riuniti, attendendo che i film cominciassero. Da lassù potevano spiare i ragazzi che giocavano a sputare di sotto, il che gli avrebbe fatto meritare una sicura lavata di capo, anche se per ora i robot volanti svolgevano un’opera impeccabile intercettando discretamente i lanci dei ragazzi prima che potessero colpire gli altri spettatori.
I film non erano un granché, secondo Valentine. Il primo era tutto sulla rivoluzione. Come se non ne avesse sentite abbastanza, sulla rivoluzione! Era l’unica cosa di cui parlavano a scuola, tanto per cominciare. E i suoi genitori! La quantità, la pura e semplice quantità di volte in cui l’avevano fatta sedere per Parlarle della Rivoluzione, che evidentemente era uno dei loro doveri quali autentici eroi di guerra!
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