Riflessioni – come si vede – acute, anticipatrici, che stupiscono per l’analisi di un fenomeno a quei tempi “nuovo” in Italia e, come già detto, considerato solitamente con sprezzo dalla intellighenzia nostrana, né tanto meno ritenuto portatore di così profondi significati e attinenze.L’antologia Le meraviglie del possibile resta una pietra miliare nella storia della fantascienza tradotta in Italia. Ad essa, nel 1961, fece seguito – sempre per Einaudi – Il  secondo libro della fantascienza, curato stavolta da Carlo Fruttero e Franco Lucentini. Stessa impronta, stessa mole, anche qui notissimi autori (Clarke, Sheckley, Bradbury, Kuttner, Matheson, Brown, Heinlein, Sturgeon, Bixby, Borges). Ottimo risultato anche questo, ma di minore impatto. E il racconto di Borges, La Biblioteca di Babele, resta eccelso, ma introdotto nel tomo come cavolo a merenda.Inattesamente, nel 1983 (Solmi era deceduto due anni prima) uscì un terzo volume: stessa grafica, stesso editore, ma molte pagine in meno: Il giardino del tempo. Il terzo libro della fantascienza. Si trattava di storie scelte sempre da Solmi, ma poste da parte in attesa di selezionarne forse altre per completare una raccolta mai completata. Secondo Renato e Raffaella Solmi, autori di una Nota a chiusura del volume, il curatore si era infine accorto che la sf era cambiata e quei vecchi racconti non la rappresentavano adeguatamente. O forse lo interessavano in misura minore. Ad ogni modo il volume portava la dicitura A cura di Sergio Solmi. I racconti erano di Clarke, Lafferty, Dickson, Brown, Disch, Shaw, Finney, Asimov, Shelley, Ballard, e in appendice un importante autore degli anni Trenta, Nat Schachner. Un’opera, questo terzo volume con racconti non tutti inediti e alcune perle, ma decisamente – nell’insieme – non all’altezza dei due precedenti.