La narrativa di fantascienza, lo sappiamo bene, non ha mai goduto buona fama presso il nostro establishment culturale (come si diceva un tempo). Possono contarsi sulla punta delle dita i “luminari” che hanno avuto occasione di trattare con stima questa letteratura, ciò che invece non è stato per altri filoni della narrativa “di genere”. E tuttavia possiamo ben dire come gli esponenti del mondo culturale che hanno esplorato l’universo fantascientifico comprendendone le reali potenzialità, talora cimentandosi in esso, siano stati – sebbene pochi – di tutto rilievo. Alcuni nomi: Gillo Dorfles, Umberto Eco, Giorgio Scerbanenco, Ennio Flaiano, Luce d’Eramo, Corrado Alvaro, Leonida Repaci, Giorgio Monicelli, Sergio Solmi.
Tra questi nomi, l’ultimo è tra coloro che ricorrono meno. Sappiamo che Monicelli ha fondato e curato “Urania” (oltre alla celebre collana mondadoriana “Medusa”). Ci è noto che Scerbanenco, Flaiano, la d’Eramo, Alvaro, Repaci, hanno scritto poca ma ottima fantascienza (“contaminata” con il mainstream). Dorfles ed Eco sono eccellenti saggisti (Eco anche scrittore). Di Solmi, chi possiede o ha letto la storica antologia da lui curata in collaborazione con Carlo Fruttero Le meraviglie del possibile (Einaudi, 1959) ricorderà l’illuminante prefazione-saggio del volume: in essa, Solmi trattava con grande lucidità e lungimiranza aspetti della science fiction che nel fandom degli anni Settanta e successivi avrebbero costituito una solida base di discussione per l’intera critica di fantascienza elaborata in Italia.
L’antologia conteneva alcuni tra i racconti più significativi di notissimi autori: Wells, van Vogt, Bradbury, Brown, Simak, Tenn, Dick, Miller jr, McLean, Asimov, Matheson, Heinlein, Sheckley, Keyes, Clarke, e altri. Si sa dell’esistenza di altra saggistica in materia, firmata da Solmi e apparsa fino agli anni Settanta su riviste letterarie, note peraltro solo agli addetti ai lavori.
Ma dell’uomo non si è mai saputo granché: chi era Solmi, che attività ha svolto nella sua vita? Ne accenniamo qui, e probabilmente per la prima volta nella storia della sf italiana.
Quasi si stenta a crederlo: Sergio Solmi (Rieti 1899 – Milano 1981) lavorò dal 1926 al 1967 nella ex Banca Commerciale Italiana (detta anche “Comit”, poi divenuta Banca Intesa, ora Banco di Napoli), ricoprendo cariche di alta responsabilità e competenza presso la Direzione centrale, in Milano. Fu condirettore centrale, poi anche capo del servizio legale dell’istituto bancario.
Quest’anno sono usciti due fascicoli di “NoiComit” (nn. 14 e 15), periodico trimestrale dell’Anpecomit (un’associazione dei pensionati della detta banca), in cui appare un articolo in due puntate riportante notizie sulla vita e l’attività del personaggio: Sergio Solmi. Uno scrittore alla Banca Commerciale Italiana. L’articolo è a firma di Maria Letizia Cairo e Giovanni Leori, che hanno potuto attingere ai dati per cortese concessione del monumentale archivio storico della banca. A mia volta, sintetizzo dal detto articolo.
Emerge l’immagine d’una persona attivissima, creativa, molto stimata sul lavoro e di vasta cultura.
Chiamato alle armi nel 1917, poi congedato nel 1920, nel 1923 Solmi si laureò in Giurisprudenza: per trovare al più presto un’attività aveva rinunciato alla laurea in Lettere, a lui più congeniale. Nonostante l’impegnativa attività bancaria trovò modo di esprimersi con una produzione letteraria ragguardevole. Adelphi ha pubblicato, dal 1983 al 2011, l’intera sua produzione in 6 volumi di 9 tomi: Opere di Sergio Solmi, “uno scrittore che appare negli anni sempre più singolare e prezioso fra gli autori del ’900”, scrive il curatore Giovanni Pacchiano. E aggiungono Cairo e Leori nel loro articolo: “Fu fine poeta, critico, saggista, autore di fondamentali studi su Leopardi, Montale e sulla letteratura francese, prosatore d’arte, traduttore, autore di scritti anche sulla fantascienza”.
Ultimamente si registra un risveglio d’interesse per i lavori di questo poliedrico intellettuale. Ma per rientrare nel nostro campo specifico, riprendo in breve alcune considerazioni di Solmi che emergono dalla sua prefazione alla predetta antologia einaudiana.
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