Se si facevano errori andavano corretti dando una pennellata di bianchetto (in inglese corflu, “correction fluid”; in suo onore è stata intitolata persino una serie di convention dedicate alle fanzine di fantascienza, N.d.T.), lasciandola asciugare e quindi riscrivendo la parola corretta. Quindi, facendo molta attenzione, bisognava avvolgere la maschera attorno al tamburo, fissandola in modo che restasse in posizione. Si girava il tamburo in modo che l’interno fosse rivolto verso di te, e si pennellava con inchiostro da ciclostile l’interno del tamburo. Da lì sarebbe filtrato attraverso il tessuto del tamburo e quindi attraverso le incisioni praticate sulla cera dalla macchina per scrivere o dallo stilo. A questo punto si mettevano i fogli bianchi nel contenitore della carta e si girava la manovella e voila, le pagine stampate cominciavano a emergere dal cilindro.Ma non era ancora finita. Se il tamburo non era stato inchiostrato adeguatamente, troppo poco inchiostro filtrava attraverso la matrice e la stampa risultava di scarsa qualità. Se l'inchiostro era troppo le pagine sbavavano sull'offset, ogni foglio veniva inchiostrato in eccesso e macchiava il retro dei fogli successivi.Ottenuto il giusto equilibrio si era finalmente pronti a stampare tutte le pagine, e non restava altro da fare che cucirle insieme.
C’erano altre due tecniche di stampa, la stampa tipografica, ovvero proprio quella inventata da Johannes Gutenberg nel 1450 e che ha iniziato tutta questa avventura che ha portato a decapitazioni di re, guerre religiose fino alla sua perniciosa manifestazione moderna, il direct marketing e la pubblicità. E l’offset, che agli inizi garantiva risultati peggiori del ciclostile ma sarebbe cresciuto fino a sostituire quasi tutti gli altri tipi di stampa.
La fanzine personale di Don Wollheim, intitolata The Phantagraph, era stampata tipograficamente nella piccola pressa da tre per cinque pollici di Johnny Michel, ma era una delle poche. Anche io avevo portato gli originali della mia piccola fanzine, Mind of Man, da un tipografo professionale: richiedeva un unico foglio 21x28 stampato da entrambi i lati, quindi potevo permettermelo. Oggi tutti stampano in offset.
Ora avete tutte le conoscenze necessarie per pubblicare una fanzine, eccetto una. Dobbiamo ancora parlare della rilegatura.
Se il vostro lavoro è di poche pagine, non è un vero problema. Si possono mettere le pagine su un tavolo, prenderle una per una nel corretto ordine, allinearle bene con qualche colpo sul tavolo e graffettarle con una pinzatrice.
Se le pagine sono molte e sono molte anche le copie - per dire, 15 o 20 pagine per 75 o cento copie o più - allora consiglio di adottare la buona vecchia tradizione del fannish collating party.
Ciò di cui avete bisogno è un tavolo abbastanza grande per poter impilare tutte le pile di fogli, e in numero di schiavi per avere almeno una persona ogni due pagine. Quando tutti sono pronti, si comincia a marciare attorno al tavolo, ciascuno prendendo i fogli nel corretto ordine man mando che girano attorno al tavolo. Quando un fascicolo è completo lo pareggiano con qualche colpo sul tavolo e lo passano all’addetto alla graffettatura.
Usavamo questo metodo quando pubblicavamo The International Observer, edizione di una trentina di pagine dell’organo ufficiale dell’ISA, un fan club, nonostante il nome di “International Scientific Association”. La cosa era appena più complicata perché dopo la graffettatura veniva avvolta attorno una copertina di carta lucida con un disegno a colori stampato in serigrafia da Johnny Michel. Charles N. Brown lo usava per ogni numero di Locus, almeno finché Locus non è diventata troppo grossa e le copie troppo numerose per poter essere prodotte in modo amatoriale. E potete usarlo anche voi, naturalmente.
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