Il tema dell’alieno polimorfo che s’insinua nella comunità umana era un classico degli
Il regista John Carpenter
Il regista John Carpenter
anni ’50, ma ritorna spesso anche nel cinema di John Carpenter, sia in veste positiva (Starman) che negativa (La Cosa e Essi vivono). Perché l’uso di questo topos un po’ datato da parte di Carpenter, secondo il tuo punto di vista di critico cinematografico?

Grazie per il critico ma mi vanto di non esserlo, sono solo uno storico. Per rispondere, direi che all’epoca, il sottoscritto era in ottima compagnia perché quando io guardavo questi vecchi film loro, negli Stati Uniti o in Inghilterra, facevano lo stesso. Parlo di Spielberg, Lucas, Dante, Carpenter, solo per citarne alcuni, i quali vedevano e rivedevano questi film amandoli almeno quanto me, e per questi ragazzini di allora il poterli “rifare” è sempre stato un punto di orgoglio, quasi un omaggio per le emozioni che queste vecchie pellicole hanno dato loro convincendoli a diventare quello che sono oggi. Io, nel mio piccolo, li capisco benissimo e avrei fatto la stessa cosa se fossi stato un regista e ne avessi avute le capacità oltre che i soldi. Pensate che ancora oggi mi capita di ricevere ringraziamenti da ragazzi che si occupano di effetti speciali e mi dicono che la loro passione è nata con i miei primi libri. La cosa mi onora. Niente di strano, quindi: è una delle ragioni per cui nascono questi remake, la più nobile, se vogliamo. 

Nella tua Storia del cinema di fantascienza e nel tuo Museo della fantascienza che aprirà a breve c’è qualche curiosità in merito a questi due film classici del fanta-horror?

Il “MUSEF” cioè il museo della Scienza e della Fantascienza, che dovrebbe aprire i battenti il prossimo 24 aprile, sarà pieno di libri e di modellini, oltre che manifesti, francobolli, oggetti di astronomia e di astronautica e tanto altro, ma la parte del leone la farà la fantascienza. Per quanto riguarda La Cosa di Carpenter abbiamo ‘la testa di Ragno’, anzi due di diverse dimensioni, la Cosa che si vede nel finale e la Cosa che esce da un cane, poi abbiamo una versione della Cosa secondo la descrizione di Campbell e, infine, il buon James Arness truccato da Cosa del primo film, oltre ai testi ed alla sceneggiatura. Ma c’è tanta roba che per ora non sappiamo dove poter mettere, è previsto un ampliamento del museo e spero riusciremo a farci stare tutto.

La moda hollywoodiana del remake ha ormai superato se stessa, passando ora anche ai reboot (un “nuovo inizio” di una saga classica come Star Trek, Alien o Batman), e ovviamente ai prequel e ai sequel. Mancanza di idee o semplice desiderio di battere più facilmente cassa recuperando successi del passato?

Come ho detto prima, una delle ragioni è il voler far omaggio a certi film, ma questo possono permetterselo quando vogliono forse solo Spielberg e Lucas, gli altri devono attendere l’occasione. Scendendo più in basso nella classifica abbiamo gli “imitatori” convinti di poter fare Guerre Stellari spendendo una metà di quanto ha speso Lucas o la Fox e ovviamente questo è un processo che è stato molto noto in Italia, ma spesso accadeva anche negli Stati Uniti. Ricordate che, spesso e volentieri, i produttori non capiscono un tubo di cinema e nulla di fantascienza: il film deve fare soldi e basta, il resto non interessa. Infine c’è un gruppo minimo di registi e di produttori che pensano che rifare un film voglia dire farlo meglio, circondandolo di effetti speciali e cambiando la storia di quel tanto che permetterà loro di poter fare altre storie, ovviamente diverse dalla versione originale come se si svolgessero in una inesistente dimensione parallela e in una cornice che a volte può essere troppo grossa e barocca per il quadro che vi è contenuto. Io posso dire, dal mio punto di vista, che da quanto possa ricordare, ho visto un solo remake superiore all’originale ed era La Mosca di David Cronenberg rispetto a L’Esperimento del Dr. K di Kurt Newman.

Le trasposizioni cinematografiche de La Cosa, dal 1951 a oggi (sessant’anni dopo), hanno puntato molto sugli effetti speciali per stupire e sconvolgere il pubblico. Quanto conta il ricorso agli effetti speciali nel cinema di fantascienza?

Come dicevo prima, contano se “accompagnano” il film e non lo sommergono. Un primo esempio lo abbiamo avuto con Gattaca, L’uomo Bicenteneario e con …E venne il giorno, un film formidabile in questo senso che è dimostrazione di come si possa girare un’ottima storia senza ricorrere agli “effettoni”. Al contrario i primi tre episodi di Guerre Stellari, spettacolari, visivamente straordinari, ma troppo “pesanti” a lungo andare; poi abbiamo “Avatar”, spettacolare fin che si vuole, piacevolissimo a vedersi con queste immagini spesso meravigliose ma al servizio di una storia troppo delicatamente debole, sembra di vedere la scoperta e la colonizzazione del Nuovo Mondo dove, almeno per il momento, vincono gli indiani. Sotto certi aspetti mi ricorda Un Uomo chiamato Cavallo.