La strada del 3D è lastricata di buone intenzioni, se vogliamo parafrasare un detto molto conosciuto. Già nell'occhio del ciclone per la perdita degli incassi e per i costi gonfiati nel prezzo del biglietto, che stanno facendo tornare gli spettatori alla visione classica, a peggiorare le cose ci ha pensato in questi giorni la Sony, mandando una lettera a tutti gli esercenti cinematografici Usa, in cui dice che non coprirà più i costi degli occhialini per il 3D dal primo maggio 2012.
Questo per un semplice motivo, che a noi era ignoto: negli Usa gli occhialini sono gratuiti, l'unica aggiunta al costo dei film in formato tridimensionale è l'extra costo del biglietto. Cosa però destinata a cambiare: la multinazionale Sony ha dichiarato che "è un problema che deve essere risolto tra noi e i nostri partner della distribuzione. Stiamo cercando di dare loro tempo in abbondanza per cambiare la politica". Queste le parole di Rory Bruer, presidente del settore distribuzione mondiale della Sony.
La notizia però non ha reso felici i proprietari delle sale, già gravati dai costi di upgrade delle attezzature e che non hanno intenzione di farsi carico del costo degli occhiali.
Il problema non è così piccolo come sembra: le case di produzione spendono dai cinque ai dieci milioni di dollari a film solo per gli occhiali, un costo che pesa in larga misura sul mercato nord-americano, seguendo un meccanismo commerciale per cui si paga per ogni occhiale effettivamente usato. Per i film minori il costo che si accollano le major è di 1,5-2 milioni di dollari, che da solo vale il 50% del prezzo del biglietto. E la Sony ha due grossi film in 3D in arrivo l'anno prossimo: The Amazing Spider-Man e Men in Black 3.
La Sony, insieme ad altre case di produzione, si sta muovendo verso il modello della proprietà, richiedendo agli spettatori di acquistare gli occhiali e dicendo agli esercenti che per loro è una potenziale nuova fonte di guadagno.
Hollywood Reporter, il primo a riportare la notizia, sottolinea come questa pratica sia già di uso comune in altre parti del mondo, tra cui Italia, Inghilterra, Australia e Spagna, ma negli Usa il pubblico è abituato ad averli gratis, pagando solo un extra di 3-4 dollari sul biglietto. L'abitudine potrebbe essere dura da perdere. Senza contare poco economica.
La maggioranza delle sale statunitensi è legata al formato RealD, che controlla una buona fetta del mercato con i suoi sistemi di proiezione, mentre altre società, come la Dolby, forniscono occhiali che devono essere restituiti e vengono ripuliti e riutilizzati, così come in altre sale è previsto un sistema di raccolta differenziata per le persone che volessero buttarli dopo l'uso, il che porta come conseguenza a una continua richiesta di nuovi occhiali.
Quando la tecnologia riemerse qualche anno fa, non era chiaro chi si sarebbe dovuto accollare i costi e la Disney, nella speranza di convincere gli esercenti ad aggiornare le attrezzature, si offrì di coprire i costi, seguita subito dopo da altre major, che però non avevano alcuna intenzione di farla diventare una consuetudine.
Su un mercato così importante per le case di produzione come quello americano, il risultato di un ulteriore aumento del prezzo del biglietto non costituirà di certo un incentivo per il pubblico, un dettaglio di cui però la Sony non sembra rendersi conto e che finirà per diventare un altro chiodo sulla bara dell'ex astro nascente che risponde al nome di 3D.
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