Sitka è uno dei due soli distretti federali mai creati dal Congresso, una striscia frastagliata lungo le coste dell’Alaska, 240 chilometri per 40 di larghezza nel punto più ampio, “una sghemba parentesi di coste rocciose che si snoda lungo i fianchi occidentali delle isole Baranof e Chichagof”. Il frutto dell’ingegno di Harold Ickes, ministro dell’Interno del presidente Franklin D. Roosvelt e artefice del Sitka Settlement Act; “il «Riparo nella notte», orgogliosa creazione americana per un popolo sofferente ma fortunato”. Ultimo riparo per due milioni di ebrei in fuga dalle prime avvisaglie dei nazifascismi nel Vecchio Continente e ultimo rifugio di un popolo intero dopo il prematuro annientamento di Israele da parte degli eserciti arabi nel 1948, a soli tre mesi dalla sua costituzione in Repubblica. Forse non la Terra Promessa, ma di certo la Terra delle Promesse, parafrasando l’introduzione della Guida per i visitatori dell’Expo ’77…
Dopo sessant’anni, adesso Sitka si ritrova a essere l’estrema dimora di cinque milioni di persone fiere di lavorare e vivere sotto la protezione della bandiera a stelle e strisce. “Per il sitkanik, questo posto è «Casa»”. Ma la proliferazione nelle gelide e cupe terre del Nord ha i giorni contati: la popolazione di Sitka, già assediata dalle Indianer-Lands del popolo Tlingit, da sempre risentito per l’esproprio di quella che considera la propria madre-terra, si appresta a una nuova transizione. Con la scadenza della concessione governativa, il distretto ad interim dovrà presto rinunciare alla propria autonomia per rientrare sotto l’egida di Washington. È la Restituzione, temuta da tutti gli ebrei sprovvisti di green card che rischiano di ritrovarsi presto nella poco piacevole condizione di stranieri in casa propria, privati della pur labile consolazione di aver trovato una patria provvisoria.
Questo l’intrigante spunto da cui prende le mosse l’ultimo romanzo di Michael Chabon, premio Pulitzer 2001 per Le fantastiche avventure di Kavalier e Klay. Pubblicato nel 2007, dopo una lavorazione travagliata durata cinque anni e ripetute stesure, annunci e riscritture (lo spunto prende origine da un saggio dello stesso Chabon, uscito nel 1997 per Harper’s e intitolato “Guidebook to a Land of Ghosts”), Il sindacato dei poliziotti yiddish (in originale The Yiddish Policemen’s Union, pubblicato in Italia da Rizzoli nel 2007 in una bella edizione cartonata, traduzione di Matteo Colombo) è un singolare quadro di storia alternativa capace di fondere ucronia e noir con esiti stupefacenti.
Prodromi della divergenza storica
Le conseguenze della Seconda Guerra Mondiale sono state al centro di un certo numero di varianti escogitate da maestri della fantascienza e non solo. Se già Philip K. Dick aveva preso in considerazione nel 1962 l’eventualità della vittoria dell’Asse nel celeberrimo La Svastica sul Sole (The Man in the High Castle), in tempi recenti due penne illustri come lo storico inglese Robert Harris e il newyorkese Philip Roth si sono confrontati con il capovolgimento degli esiti storici del conflitto, rispettivamente in Fatherland (1992) e Complotto contro l’America (The Plot Against America, 2004). Ma Chabon introduce un elemento di novità che lo vede rivaleggiare ad armi pari con i predecessori per audacia e spirito di provocazione. Nell’universo parallelo di Sitka la guerra è finita più o meno come noi sappiamo, almeno per l’occidente: dopo la sconfitta dell’Unione Sovietica da parte delle truppe tedesche, un’esplosione nucleare ha devastato Berlino e posto fine ai giorni del Terzo Reich. La Russia ha attraversato da allora una serie di fasi concitate, che l’hanno portata a una Terza Repubblica. La Manciuria sopravvive e si è dotata di un programma spaziale. Nel mondo di inizio XXI secolo internet è in pieno boom e i cellulari sono un oggetto di uso comune. L’elemento di discontinuità è rappresentato dalla sorte degli ebrei, che hanno conosciuto un Olocausto di proporzioni più contenute.
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