Componente universale e spesso centrale nella storia umana, la religione è stata anche fonte di ispirazione per decine di scrittori di fantascienza, che hanno trattato questo tema delicato da molteplici punti di vista.
Salvezza dell'umanità, pretesto per dittature e movimenti di liberazione, generatrice di speranze e dubbi atroci, ultima speranza dopo un guerra atomica, creatrice di mondi e ispiratrice di rivolte contro lo stesso Creatore, la religione ha fornito le idee per opere memorabili.
Micheal Moorcock ha affrontato il tema in un controverso romanzo, I.N.R.I., dove un solitario crononauta torna nel passato per indagare sulle origini del cristianesimo.
Contrariamente alle mie abitudini in questa recensione si svelerà completamente la trama del romanzo, pertanto se non volete sapere come va a finire la storia fermatevi adesso.
Karl Glogauer ha condotto una vita tormentata e piena di dubbi, che lo ha portato a una serie di insuccessi e lo ha riempito di amarezza, l'ultima delle quali lo fa decidere a compiere un gesto senza ritorno: gli viene offferta la possibilità di viaggiare nel tempo, con una cronomacchina che può viaggiare solo nel passato.
Sulla spinta di un'ultima delusione Glogauer decide di andare a verificare di persona uno dei punti cruciali della storia, e così dalla Gran Bretagna del 1970 si ritrova nella Palestina, poco tempo prima della crocefissione di Cristo.
Accolto dagli Esseni, una setta ebraica guidata da Giovanni il Battista, egli dichiara di chiamarsi Emanuele, che in Ebraico significa "Dio è con noi", e questo, unitamente alla macchina del tempo, ritenuta un cocchio magico, lo fa ritenere un potente mago.
Lentamente Glogauer si rende conto che nessuno sembra sapere nulla di un profeta chiamato Gesù, e questo lo induce a mettersi alla sua ricerca; il suo girovagare lo porta a Nazareth, dove una brutta sorpresa lo attende: la Sacre Famiglia è molto diversa da quella raccontata dai vangeli, Giuseppe è effettivamente un falegname, ma ha molti figli, sua moglie Maria ha costumi perlomeno dubbi e Gesù è un minorato, con gravi problemi mentali e fisici.
A questo punto Glogauer decide di interpretare la figura di Cristo, e di farsi crocefiggere al suo posto, sceglie gli apostoli secondo le indicazioni delle scritture, compie miracoli e si reca a Gerusalemme per la Pasqua fatale, istruendo Giuda affinché lo denunci.
Alla fine il suo destino si compie, dall'orto dei getsemani sino al Calvario la sorte di Glogauer segue la narrazione dei Vangeli, solo sulla croce arriverà un tardivo pentimento, che tuttavia non servirà ad evitare la morte.
Questo romanzo deriva dal racconto vincitore del premio Nebula Behold the man, pubblicato nel 1966 su New Worlds, rivista che sotto la direzione di Moorcock era diventata la portabandiera del movimento New Wave, corrente letteraria che propugnava un rinnovamento della fantascienza sia come libertà di idee e stile che come passaggio dalle avventure spaziali allo "spazio interno".
L'avventura della rivista inglese durò solo sei anni, dal 1965 al 1971, in questo breve periodo la spinta propulsiva della New Wave si trasformò in una sterile ricerca di forme narrative tese a stupire i lettori, che non accettarono opere ormai ben oltre il limite della leggibilità e abbandonarono in massa New Worlds.
Il romanzo fu pubblicato nel 1969, e purtroppo non migliora affatto il racconto, limitandosi ad ampliare diverse parti senza apportare nessun elemento nuovo alla storia, limitandosi ad appesantirla.
Sebbene lo stile di Moorcock, scrittore di razza, sia abitualmente scorrevole e paicevole da leggere, in questo romanzo (e anche nel racconto) qualcosa non funziona, sembra quasi che l'autore si sia lasciato trascinare e abbia scritto una storia con la morale, tesa a mettere in cattiva luce le chiese cristiane, colpendole proprio alle fondamenta della loro fede.
Probabilmente negli anni sessanta questo poteva funzionare, ma al giorno d'oggi presumo che solo qualche cristiano integralista potrebbe scandalizzarsi, per cui l'elemento iconoclasta viene a mancare, quello che è peggio è che alla fine del romanzo viene da chiedersi "E quindi?".
Dopo aver insistito per tutto il romanzo sulla sostituzione del Gesù della tradizione con Glogauer, e aver creato i presupposti per un clamoroso rovesciamento di prospettiva alla fine l'inglese nevrotico prende davvero il posto di Cristo, in una passione raccontata forse in modo troppo affrettato.
Forse sarà perché molte delle migliori storie incentrate sulla religione hanno un finale inaspettato, ma da I.N.R.I. mi mi sarei aspettato un colpo di scena che ribaltasse le premesse, così imvece l'opera finisce in secca dopo un inizio promettente.
Altro punto debole sono i personaggi di contorno: sia che si tratti di Giovanni il Battista che di Maria sembrano tutti ragionare allo stesso modo, un modo troppo moderno per essere ebrei di duemila anni fa.
Ultimo problema la traduzione, rimasta quella del 1976 di MEB edizioni, che non difettava in originalità, e anche se posso capire che non si sia ritenuto opportuno rivederla massicciamente penso che si poteva almeno modificare l'ultima pagina, alla fine resta il dubbio se Glougager abbia davvero detto “It’s a lie! It’s a lie! Let me down!” o si sia limitato a ripetere per tre volte "It’s a lie!"
Nonostante la mia misera opinione molti, tra cui Emanuele Manco, autore di una eccellente recensione su FantasyMagazine, considerano I.N.R.I. un capolavoro: l'unico modo per sapere se vi tedierà a morte o se lo amerete alla follia è leggerlo, nel bene o nel male è un libro che è entrato nella storia della fantascienza.
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