Più che l'entusiasmo per l'uscita, quasi ci si domanda chi potrà prenderne il posto. Perché, dopo una quindicina d'anni di annunci e continui ritardi, i fan forse si erano anche po' affezionati al fumo negli occhi del più famigerato videogame della storia, vincitore di innumerevoli premi per il più grosso vaporware, quei titoli che sembrano destinati a rimanere un miraggio. Invece lui, il Duca, alla fine ha deciso fosse davvero giunto il momento di tornare. Oggi, con Duke Nukem Forever, termina un'attesa cominciata nel 1997, sull'onda del successo l'anno precedente di Duke Nukem 3D, uno sparatutto – di cui Forever doveva essere il seguito a stretto giro di produzione - epocale per il modo politicamente scorretto di porsi, fondendo azione e fantascienza con l'ironia gradassa, squisitamente caricaturale a farsi beffa dei b-movie, in un racconto a suon di bang bang dalla verve travolgente. Quanto di quel progetto, rinviato più volte, sia mai esistito e in che misura sia adesso arrivato effettivamente sugli scaffali dei negozi probabilmente non lo sapremo mai.
Gli sviluppatori originali, il team 3D Realms di George Broussard, non sono sopravvissuti alla leggenda di Duke Nukem Forever. Tra fallimenti, tribunali e tira e molla milionari, l'editore 2K Games, che nel 2009 si è preso carico di concludere la vicenda infinita del gioco, ha affidato il completamento del titolo alla Gearbox Software di Randy Pitchford, responsabili del geniale Borderlands, uno splatter cartoon che rilegge Diablo in salsa first person shooter. Più che il videogame rivoluzionario che era stato promesso negli anni '90, lo sparatutto che sbarca questo weekend su Pc, Ps3 e Xbox 360 all'urlo di Hail to the king, baby! - dal frasario del Duca, diventato una app per iPhone - vuole rappresentare un omaggio a quel passato scanzonato celebrato di recente anche da Bulletstorm, ulteriore manifesto dell'esigenza sentita da più parti di colorare con un po' di brio l'attuale panorama di un genere dominato dalle operazioni di guerra globale dei Call of Duty, ma che sarà presto sconvolto pure dalle scorribande fieramente esagerate e irrealistiche dello sfavillante terzo episodio di Serious Sam, un altro dei figli del mito Duke Nukem scampato alle vicissitudini del padre.
Duke Nukem che, con la sua linguaccia e la naturale propensione a rispedire enormi alieni nello spazio a calci nel sedere, ha fatto scuola rendendo gli eroi dei first person shooter più vivi e sarà in fondo, ancora prima del gioco in sé, il grande protagonista di Forever, cercando di portare rispetto a un irriverente personaggio icona il quale, in un mare di doppi sensi e colpi bassi, si è sempre fatto vanto dei propri vizi più che delle virtù. Bentornato Duca, allora. E chissà se da domani a prenderne il posto tra i videogame più rinviati della storia non si infili la telenovela di Aliens: Colonial Marines, scherzo del destino in realizzazione (sì, no, bo': in questi giorni la macchina promozionale si è rimessa in moto con un trailer) per conto di Sega a casa di Pitchford e soci.
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