- Lyra? - insisté lei, garbatamente, picchiettando la punta della penna ottica sul palmare che aveva appena estratto dal braccio.- Sì, era il solito incubo: c'eravamo io e Shara, e il drago ci assaliva. Ogni volta è sempre lo stesso, salvo per piccole variazioni, ma...- Conosco gli eventi Lyra, vorrei le sensazioni.- Sì... era come se, dall'esterno, mi sentissi morire, e avevo la consapevolezza di non poter fare nulla per impedirlo. Una parte di me si era spenta ma io continuavo a osservarla, e sentivo...Il capitano intanto prendeva appunti, fissandomi di traverso.
- Sentivi?
- Sentivo... è difficile da spiegare. Era come se fossi divisa: c'era una parte di me, consapevole di se stessa, ma era solo una piccola parte, che piangeva e soffriva, perché stava morendo, e significava la fine di tutto, mentre io invece continuavo a esistere e la vedevo solo come una parte della vera me stessa.
- Potresti essere più chiara?
Sospirai: - Non lo so: era come se coesistessero due me. Una piccola, limitata, che stava morendo, e una più vasta che osservava. Mi segue?
Il capitano annuì, lisciandosi per un attimo i lunghi capelli neri: - Ti spieghi alla perfezione, Lyra. Quale sarebbe stata, secondo te, la causa di questo sdoppiamento?
Sospirai di nuovo. Ci avevo riflettuto spesso in quell'ultimo anno, fin da quando avevo iniziato a ricordare ciò che era accaduto, ora che il blocco di memoria si era dissolto. Ed ero giunta alla stessa conclusione, più e più volte.
- Il drago era la parte più vasta di me. Siamo diventati nella contaminazione una cosa sola. Le identità si sono mescolate. In fondo lui era un sogno, una struttura di un altro piano, un'esistenza legata al moto casuale delle molecole, come diceva Shara. Reale nel suo mondo ma per noi effimero quanto un pensiero.
- La teoria di Wernick, - mormorò il capitano - ha dimostrato che ci sono piani di esistenza in relazione agli aggregati che strutturano il confine individuale. Confine che ha un tempo di decadimento medio pari alla vita locale dell'individuo; ma tra i vari piani possono formarsi singolarità e da queste formarsi contaminazioni.
Proseguii senza ascoltarla, perché spesso non capivo le sue parole: - Nel suo mondo il drago è reale, incendia e saccheggia. Ma per noi è una tempesta di sabbia.
- Esatto Lyra, quindi tu per un attimo saresti stata il drago?
- Sì, - esclamai, fiera di essere riuscita a comunicarle quell'intuizione, - è proprio così. Ero il drago che mi osservava morire.
- E hai mai pensato che questo potrebbe implicare che tu sia morta davvero e ora potresti essere il drago che ha preso il posto di Lyra?- affermò il capitano, di punto in bianco. Boccheggiai, incapace di rispondere. Non ci avevo pensato.
Non ero mai stata molto intelligente.
Il capitano sorrise e poi si alzò, lasciando il palmare acceso sul tavolino che ci separava. - Devo andare al Nucleo, intanto riflettici, Lyra - aggiunse e sparì. Le erano sempre piaciute le uscite a effetto, non era la prima volta in dieci anni che lo faceva.
Rimasi in silenzio, a guardarmi attorno: tutti mi ignoravano ora che lo spettacolo del mio sgomento era cessato. Notai con una punta di invidia che adesso ero l'unica a non avere il mio capitano. Magari tutta quella gente era lì per i miei stessi motivi. Per superare il trauma. Essere toccate da un sogno era stata un'esperienza terribile.
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