Dopo Moon, senza dubbio uno dei migliori film di fantascienza degli ultimi dieci anni, Duncan Jones dirige Source Code, una complessa ed intrigante storia dalla vocazione filosofica e dalla dimensione spettacolare, in cui si percepisce l’eco delle suggestioni cinematografiche – televisive di Ricomincio daccapo e di Quantum Leap, nonché della grande letteratura SFX da Ballard a Dick.
La trama vede come protagonista un ufficiale dell’esercito degli Stati Uniti che, dopo una missione in Afghanistan, viene inviato su un treno per raccogliere informazioni utili prima che questo sia distrutto da un attentato terroristico. La sua presenza, però, non è di natura fisica, ma è bensì il frutto di un esperimento in cui grazie alla tecnologia si riesce ad entrare negli ultimi otto minuti di vita di una persona. Come accade nei migliori videogiochi e come succede ai peggiori giocatori come chi scrive, il soldato muore decine di volte prima di individuare il filo di una matassa che lo riguarda molto più da vicino di quanto egli stesso creda in un primo tempo.
Condito da un certo significativo gusto per lo humour, Source Code è una pellicola molto intelligente che procede in maniera spedita e interessante fino al finale da cui, forse, avrebbe avuto senso attendersi una maggiore ironia e una migliore sintonia con il grande cinema di fantascienza che il film intende dichiaratamente e deliberatamente omaggiare.
Spettacolare e molto dinamico, il film interpretato da Jake Gyllenhall diverte e intriga per la sua capacità di giocare con il pubblico e, pur senza mai coglierlo pienamente di sorpresa, raccontare una storia che risente fortemente dell’eco della nostra realtà lacerata. Il talento di Jones sotto il profilo della spiccata personalità narrativa e dalla marcata sensibilità visiva aiuta il pubblico a perdonare le tante somiglianze con un cinema figlio di modelli differenti, ma – al tempo stesso – originale nel suo insieme.
Anche se il finale sembra essere senza dubbio meno ‘forte’ rispetto a quello del suo immediato predecessore, anche Source Code porta inevitabilmente a riflettere sulla nostra realtà e su un presente tanto ambiguo quanto, talora, perfino un po’inquietante.
Una pellicola di contenuti e non un mero esercizio di stile in cui l’umanità dei personaggi, ‘trionfa’ in maniera significativa, ribadendo la forza e l’importanza di un cinema in cui sia il messaggio a dominare sulla scena e non la spettacolarità un po’ cafona che sembra ossessionare, invece, oggi Hollwyood.
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