- Il vero problema che stiamo riscontrando con i nostri grandi amici di Bellatrix 9 - continuò il filosofo come se lo scienziato avesse mosso le labbra senza emettere alcun suono, - è che sembra di parlare tra sordi. Noi umani iniziamo un argomento, loro continuano il dialogo come se non ci avessero proprio sentito, o peggio, capito.
- Già, infatti. Tuttavia, sarebbe utile se provaste… - cercò di pronunciare l’ingegnere, ma venne subito interrotto...
- Tuttavia, - riprese il filosofo, - siamo speranzosi di apprendere dai bellatriani delle fondamentali nozioni che potranno darci una spinta eccezionale nel campo medico, fisico ed aeronautico. Certo il problema di comunicazione bidirezionale è molto grave e almeno per il momento non vedo una soluzione.
- Ma se provassimo a… - non fece in tempo a dire lo scienziato che il filosofo si era già incamminato verso la sala del summit.
L’ingegnere e lo scienziato si scambiarono uno sguardo spento facendo contemporaneamente ‘spallucce’.
- Pronto? Cara, come va? - disse l’ingegnere capo parlando in vivavoce nella sua ibro-auto.
- Tutto bene e tu? È un po’ che cercavo di chiamarti, ma eri sempre irreperibile!
- Uhm, sì, non potevo rispondere durante lo svolgimento del summit, adesso ti sto chiamando dalla macchina.
- Va bene, senti, tuo figlio dovrebbe...
- Scusa cara ma ti volevo raccontare di quello che è successo all’incontro con i bellatriani; sai, è stato un evento molto importante per me e...
- Sì, sì, caro, ma qui la vita continua e, stavo dicendo, tuo figlio avrebbe bisogno di una mono-auto nuova perché l’attuale è diventata difettosa, praticamente inservibile.
- OK, però ci tenevo a raccontarti di come...
- Scusa, ma adesso devo proprio lasciarti, è arrivata Caterina. Ci vediamo dopo. Baci.
- Baci - disse l’ingegnere con una smorfia.
La strada sembrava un enorme nastro nero srotolato, una vecchia bobina di registrazione buttata via da qualche gigante irrequieto. L’auto lievitava leggera in un silenzio quasi irreale. L’ingegnere aveva stampato sulla faccia un mezzo sorriso perché non sapeva se ridere o piangere. Perché non sapeva a chi raccontare i suoi entusiasmi e le sue paure. Perché non sapeva con chi poter condividere quanto era avvenuto in quei giorni. Perché non sapeva...
Vide dei cervi in lontananza che correvano nell’erba alta. - Abbiamo mai provato a comunicare veramente con gli animali? - disse ad alta voce. - Perché non l’abbiamo fatto? Perché? - Batté entrambi i pugni sulla cloche. La macchina sbandò e finì fuori carreggiata. Investì uno dei cervi. La testa del cervo aveva incrinato il parabrezza, un occhio vitreo fissava un punto indefinito all’interno dell’abitacolo.
- Perché non l’abbiamo fatto? - ripeté piangendo.
Gli alieni dopo mesi di ‘tavole rotonde’, incontri ufficiali e ufficiosi, lasciarono definitivamente il pianeta Terra e gli esseri umani.
Umani che si resero conto di essere sempre più soli in un universo freddo e sconfinato. Sempre più soli tra miliardi di miliardi di stelle indifferenti.
Sempre più soli in un mondo abitato da dieci miliardi di persone. Dieci miliardi di isole, senza ponti e senza piccioni viaggiatori. Dieci miliardi di sfere che rotolano nella vita senza sfiorarsi mai. Senza veramente fondersi mai.
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