Eravamo in tre e ognuno di noi aveva il nome di un dio. Shiv, Vish e Sarasvati. Il primogenito non sono io, ma è mio fratello Shiv; è con lui che ho appuntamento ai piedi del Jyotirlinga di Varanasi. Shiv, il successo e il trionfo globale, Shiv l’uomo d’affari, che tutti conoscono e che, incolpevole, annuncia l’Era di Kali; Shiv, non riesco a immaginarmi come tu sia ora. Non ero il primogenito, ma ero quello nato meglio ed è questo il problema.
Credo che ogni filamento di DNA dei miei genitori fosse intriso di guerra. I darwinisti respingono l’idea che i valori intellettuali possano influenzare l’evoluzione, ma io stesso sono la prova vivente che i valori borghesi possono venire programmati nei geni.
Perché non la guerra?
È difficile immaginare un cyber guerriero più improbabile di mio padre. Scoordinato; goffo; corpulento. No, diciamo le cose come stanno, era decisamente grasso. Aveva lavorato come designer per DreamFlower, raccogliendo soddisfazioni e una certa notorietà. Vi ricordate DreamFlower? Street Sumo; RaMaYaNa; Bollywood SingStar. Quei giochi che hanno venduto milioni di copie? Forse no. Ogni giorno che passa mi accorgo che è trascorso molto più tempo di quanto penso. In tutto.
Quello che c’interessa è che aveva soldi, una carriera, successo e tanta fama quanto la sua nicchia gli permetteva; e così la vita andava avanti. Stava andando avanti come una Lexus quando la guerra lo colse di sorpresa. La guerra colse tutti di sorpresa.
Un giorno eravamo la Storia del Grande Successo Asiatico, la Tigre Indiana (io la chiamo la Legge del Rimbalzo, la Tigre del Successo Economico viaggia in tutto il mondo prima di arrivare a noi), e a differenza dei cinesi avevamo l’inglese, il cricket e la democrazia; il giorno dopo bombardavamo i centri commerciali e occupavamo le stazioni televisive. Stato contro Stato, regione contro regione, famiglia contro famiglia.
C’è soltanto un modo per spiegare la Guerra dello Scisma: l’India era come una di quelle famiglie numerose, chiassose e turbolente in cui la veneranda nonna parte per una vacanza di sei mesi e dopo neanche due giorni i figli saltano alla gola dei padri. E le madri a quella delle figlie e le sorelle litigano e i fratelli si azzuffano e tutti si schierano, i cugini, gli zii, le zie e così la famiglia si rompe come un diamante, lungo le imperfezioni e le crepe che la impreziosivano.
Quand’ero giovane, scusate, quand’ero piccolo, vidi un tagliatore di diamanti a Delhi.
In verità non ero così giovane. Lo vidi mettere la gemma nella morsa imbottita e alzare l’arnese da taglio con la ruota dentata, un oggetto che pareva troppo grosso e brutale per qualcosa di così piccolo e brillante. Quando calò il grande martello imbottito trattenni il fiato e strinsi i denti e la gemma si divise in tre, ogni pietra più luminosa e fulgida del genitore.
– Se la colpisci male – disse – non otterrai altro che polvere scintillante.
Penso che da quel momento la nostra storia non sia stata altro che polvere scintillante.
Arrivò il colpo, successo, benessere, sovrappopolazione, e fummo ridotti in polvere anche se Delhi ancora non lo sapeva. I lealisti difendevano con tenacia il sogno dell’India. Così mio padre venne assegnato come assistente tecnico a una Squadra di Mecha-Ricognitori. Vi sembrerà molto eccitante e affascinante. Ma era un altro secolo e un’altra epoca e i robot erano diversi dalle creature sfavillanti simili a demoni che ci sono oggi, capaci di cambiare forma e funzioni assecondando le aspettative umane.
Quella era una squadra di robot da ricognizione; corridori e saltatori dotati di due gambe, goffi e inaffidabili quanto polli di ferro.
Papà era l’assistente tecnico, cioè doveva ripararli, bonificarli dai virus, metterli a punto, e sbloccarli dai piccoli giri in tondo in cui rimanevano intrappolati, o allontanarli dal muro invalicabile che stavano provando a saltare, stando sempre molto attento ai loro doppi mitragliatori a freccette e alle lame nano-affilate per la difesa ravvicinata.
– Scrivo codici per giochi – si lamentava. – Creo coreografie con passi di danza di Bollywood e preparo incidenti in macchina. Disegno vampiri stellari.
Delhi ignorò i suoi lamenti. Delhi stava già capitolando mentre nel Rashtrapati Bhavan si facevano più forti le voci dell’autodeterminazione nazionale che gridavano “anche noi”. Ma decise di ignorare anche quei lamenti.
Papà era un Cyber Guerriero, mamma un Ufficiale Medico. Era un po’ più vero per lei che per papà. Infatti mia madre era una dottoressa qualificata e aveva lavorato sul campo per delle ONG dopo il terremoto in India e Pakistan, e in Sudan per Medici Senza Frontiere.
Ma non era mai stata un soldato. Tuttavia Madre India aveva bisogno di medici in prima linea, e così si ritrovò al 32esimo Centro Medico Avanzato da Campo, a est di Ahmedabad, nello stesso periodo in cui l’unità di ricognitori di mio padre venne dislocata proprio in quel posto.
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