Giovanni Burgio, classe 1961, svolge l’attività di ricercatore presso l’Università di Bologna nel campo dell’entomologia. Appassionato anche di fantascienza, si è imposto con successo ai principali premi del settore dedicati alla narrativa breve; adesso con Infezione genomica si è aggiudicato anche il Premio Odissea per la migliore novella di genere, giunto alla seconda edizione. Lo abbiamo intervistato per Delos SF, in modo da offrire ai lettori un’anticipazione dei temi trattati nel libro e una panoramica sull’immaginario che ha maggiormente influenzato Burgio nella sua carriera di autore.
Ciao Giovanni e grazie per avere accettato questa intervista. Non è la prima volta che finisci su Delos SF, che anzi ha avuto il piacere di presentare ai lettori i tuoi racconti fin dal 1997. E nel frattempo ti sei fatto apprezzare imponendoti a diversi premi dedicati alla narrativa breve di genere (Alien, Lovecraft e Courmayeur). Le tue opere sono uscite su importanti riviste (Robot in primis) e antologie (lo speciale di Carmilla Il futuro del sangue, Alia – L’arcipelago del fantastico, Ambigue utopie). Ti andrebbe di ripercorrere con i nostri lettori la strada che ti ha portato fin qui?
Bene, se dicevo che sono particolarmente onorato di questa intervista, un motivo esiste. Delos mi diede l’opportunità di pubblicare i miei primi racconti… tanto per iniziare a parlare della strada che mi ha portato qui! In seguito, ho trovato i primi sbocchi letterari professionali grazie a concorsi come l’Alien e il Lovecraft; se questi primi tentativi fossero andati male, avrei sicuramente smesso di scrivere. Non è vero che si scrive per se stessi… si scrive per farsi leggere e se non arriva mai questo momento, la situazione è molto grigia.Poi è venuta l’antologia Millemondi Urania Strani giorni del 1998. Mi venne quasi un colpo… un esordiente come me là dentro… stavo per dire a Franco Forte: ma sei sicuro?Poi sono venute altre antologie, e devo ringraziare i curatori, alcuni dei quali sono diventati miei grandi amici, che mi hanno dato queste possibilità e mi hanno tanto insegnato (Catani, Forte, Clun, Pizzo, Catalano). Da questi primi approcci, comunque, mi sono messo sotto, intensificando le mie letture e allenandomi nella scrittura, consapevole che l’istinto e qualche idea possono aiutare, ma senza l’esperienza e la preparazione giusta le buone intenzioni rimangono nella terra di nessuno.
Nella vita svolgi il lavoro di ricercatore universitario come entomologo e nei tuoi racconti è sempre presente una forte componente scientifica e tecnologica. Come riesci a coniugare le tue attività, la tua professione di ricercatore e quella di autore? Ci sono degli interscambi e delle influenze, oltre che nella direzione più intuitiva dalla ricerca alla scrittura, anche in verso opposto?
Questa è una domanda non semplice, perché mi mette a nudo. Mi interesso in particolare di lotta biologica contro gli insetti dannosi, una disciplina effettivamente molto fantascientifica... Del resto, ciascuno di noi compie scorribande nel mondo che conosce meglio. Mi ricordo che fu Franco Clun a consigliarmi di inserire tematiche entomologiche nei miei racconti… io insistevo a dire: “guarda che certe cose non sono fantascienza…”. Poi ci ho pensato un po’ sopra. Se fossi stato troppo accademico e rigoroso, mi sarei perso e non avrei osato. Infatti Clun selezionò per Evangelisti un mio racconto per l’antologia Dracula 2000. Nel mio racconto parlavo di un superorganismo succhiatore di sangue, un vampiro che alla fine si riduceva a un sistema-insetto. Ovviamente le mie incursioni nella scienza sono varie e non riguardano solo gli insetti: lo dimostra il mio romanzo. Leggo molta letteratura scientifica nel mio settore, per lavoro, ma sono un appassionato in generale di scienza. È chiaro che la scienza impartisce impulsi stilistici e contenutistici alla narrativa scientifica; ma la scienza influenza anche l’immaginario, che muta in funzione dell’evoluzione tecnologica e della presa di coscienza dell’uomo nello scenario della vita. Ma perfino la cultura umanistica, anche se molti letterati non l’ammetteranno mai, è stata influenza in modo preponderate dal panorama scientifico di ogni momento storico. Vogliamo fare l’esempio del futurismo? Ma basta ricordare l’esempio eccelso di Italo Calvino. In verso opposto, come l’immaginario influenzi la scienza, la questione è delicata… ovviamente io credo nel metodo della scienza. Che si occupa di scienza è obbligato a essere realista e pragmatico. Però anche alla scienza è necessaria una spinta irrazionale dall’immaginario e un quid di incertezza, altrimenti la scienza sarebbe solo deduttiva e mai intuitiva. Molte scoperte nella scienza scaturiscono da idee apparentemente eccentriche e temerarie. Personalmente, mi occupo di scienza anche perché interiormente sono molto irrazionale e disordinato: la scienza mi ha sempre aiutato a dare un ordine alla mia vita (venite in casa mia e ve ne accorgerete… mia moglie è disperata!). Ordine apparente e transitorio, è vero, ma che rappresenta pur sempre un punto di riferimento. La scienza non deve però mai sfociare nel dogmatismo, anzi deve mettere in discussione continuamente le stesse certezze con cui si auto-sostiene… altroché dogma centrale del DNA di Watson e Crick! Un bel giorno sono arrivati i retrovirus e questa illusoria certezza si è disgregata! Mai parlare di dogmi nella scienza… e in questo ci aiuta un po’ di irrazionalità, fatalismo e… fantascienza.
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