La visione alternativa di Tarkovskij
Il romanzo viene pubblicato per la prima volta in Unione Sovietica nel 1972, e nel 1977 riesce a raggiungere l’Europa. Il successo è immediato e travolgente, l'opera fa il giro del mondo (in Italia esce per la prima volta nel 1982) e regala ai due fratelli un posto di rilievo nel panorama internazionale degli autori fantascientifici. Facile ipotizzare un suo trasferimento sul grande schermo; di questo si incarica Andrej Tarkovskij, raffinato e visionario regista russo che aveva già portato al cinema la sua versione del già citato Solaris. Il suo modo di intendere il cinema gli ha già procurato l’ostilità delle autorità sovietiche, cosa che lo spingerà poi all’esilio volontario. Per diversi anni a Tarkovskij vengono negati i mezzi per girare nuovi film, e la simpatia di cui gode in occidente non facilita le cose. Soltanto nel 1978 a Tarkovskij viene nuovamente permesso di lavorare a un nuovo film, e il progetto scelto è proprio la trasposizione di Picnic sul ciglio della strada. Per stendere la sceneggiatura Tarkovskij si avvale della collaborazione degli stessi fratelli Strugatzki. La produzione è interamente sovietica e molto forte è la curiosità di vedere come la visione lucida e positiva degli autori potrà conciliarsi con la raffinata lentezza narrativa e l’attenzione filosofica per cui il regista è famoso. Occorre subito dire che mentre per Solaris Tarkovskij aveva seguito a grandi linee la trama del romanzo, filtrandola attraverso la sua sensibilità, per Picnic sul ciglio della strada regista e autori decidono di battere un sentiero completamente diverso. Mentre la vicenda del romanzo è tagliente e realistica, il film si presenta invece fortemente simbolico e pieno di allegorie. Se nel libro l’enorme numero di personaggi contribuiva a rendere una storia ben sfaccettata, nel film i pochissimi personaggi sono semplicemente degli archetipi, tali da non rendere necessario neanche attribuire loro un nome. Lo stesso scenario cambia completamente, e il paesaggio industriale di Marmont resta sullo sfondo, sommerso dalle campagne e dalle foreste della Zona, nella quale i resti delle costruzioni e dei manufatti umani sono sommersi e spariscono, fagocitati da una natura resa selvaggia e misteriosa. Gli stessi oggetti che pure svolgono una parte centrale nel libro, nel film sono interamente spariti e si riducono a una misteriosa Stanza, la quale avrebbe il potere di realizzare i desideri più intimi e segreti degli uomini. L’occhio della cinepresa segue pertanto il viaggio esplorativo e iniziatico, dedicato alla ricerca della Stanza, dei due personaggi del Professore e dello Scrittore, rispettivamente uno scienziato e un intellettuale, simboleggianti la ragione e l’emozione. A guidarli attraverso la Zona viene chiamato uno Stalker, un uomo che vive ai margini della legalità e che affronta i pericoli della Zona portandosi il fardello di una moglie disperata e di una figlia menomata. Dopo aver forzato i posti di blocco della polizia, i tre si addentrano nelle campagne della Zona, imbattendosi nei resti dei mezzi blindati dell’esercito inviati sul posto subito dopo la Visita. La Zona è un luogo che emana un fascino sinistro e spettrale, una campagna “sporca” alternativamente sommersa dal rumore del vento e dagli scrosci improvvisi di pioggia, o annegata in un silenzio rigido. I tre si muovono in modo tortuoso per arrivare alla costruzione che contiene la Stanza, guidati dallo Stalker che conosce i pericoli della Zona e i suoi trabocchetti tristemente famosi. Ma, incredibilmente, nulla succede: la Zona sembra indifferente, svuotata dei suoi misteri, e lascia passare gli uomini come se volesse deriderne le paure. E allora i tre approfittano del viaggio per esporre le rispettive riflessioni filosofiche sulla vita e sulle motivazioni che li spingono.Infatti, il film si sviluppa quasi esclusivamente attraverso i dialoghi tra i personaggi. Là dove il romanzo è veloce e ricco di azione, il film è enormemente lento (una caratteristica questa di tutte le opere di Tarkovskij), centrato su inquadrature che si spostano lentamente come a voler scavare nei corpi dei personaggi e nel corpo della Zona. Il confronto tra Scrittore e Professore è centrale nel film, tanto che la figura di Stalker rischia di passare in secondo piano: le motivazioni apparenti dei due uomini, ritrovare l’ispirazione il primo, vincere il Nobel il secondo, vengono messe alla prova dalla Zona finché emergono le vere spinte che muovono i due uomini. Scrittore è in cerca essenzialmente del significato dell’esistenza di sé, che ormai non trova più nella scrittura. Scienziato aveva l’intenzione di trovare la Stanza per distruggerla ed evitare mali peggiori, proposito a cui rinuncia dopo una misteriosa telefonata fatta da un edificio abbandonato. E Stalker? Per Stalker l’unico motivo per entrare nella Zona è la Zona stessa: tormentato da sogni allegorici e dal ricordo di un altro stalker suicidatosi, l’uomo giustifica il proprio timore e la propria debolezza di fronte ai pericoli della Zona, proclamando in uno dei monologhi più intensi che la debolezza è potenza e vita, mentre la rigidità è propria della morte. Alla fine del viaggio i tre uomini si troveranno davanti alla Stanza; che decidano di entrarci oppure no, il viaggio li ha cambiati. La Zona, senza fare in apparenza nulla, ha inciso definitivamente sulle loro esistenze e su quelle delle persone a loro collegate, come dimostra la figlia di Stalker nell’ultima sequenza del film.
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