Quasi trent’anni dopo l’originale, viene proposto al pubblico questo seguito in cui ritroviamo alcuni dei personaggi e degli elementi del primo capitolo. Essendo passato molto tempo, però, il legame con il primo Tron è più un alibi che un vero e proprio punto fermo di cui davvero dovere tenere conto.
Le due storie sono legate solo da un filo apparente e si può tranquillamente vedere il secondo film senza neppure avere sentito parlare dell’originale. La trama, infatti, nella sua struttura non richiede grossi sforzi, riservando una certa complessità per altri elementi non del tutto chiari: il figlio del personaggio interpretato nel 1982 da Jeff Bridges, fondatore di un colosso dell’informatica che richiama alla memoria l’avidità delle grandi compagnie di oggi, scopre che un collega di suo padre ha ricevuto un messaggio da parte dell’uomo scomparso da oltre vent’anni senza lasciare alcuna traccia. Il figlio Sam, quindi, va alla sala giochi ufficio del genitore e finisce risucchiato in quel mondo che il padre gli aveva descritto da bambino, prima di sparire nel nulla.
Un universo digitale in cui sta avvenendo un vero e proprio “miracolo” di cui il padre è stato autore, ma anche vittima. Sam scoprirà alcuni segreti sensazionali e dovrà scendere in campo per combattere i ‘mostri’ creati da suo padre e usciti fuori controllo con l’aiuto, invece, di programmi buoni che possono cambiare – o almeno così ci viene raccontato – la storia dell’umanità.
Realizzato in parte in 3D, Tron Legacy è l’evidente primo capitolo di una nuova trilogia che casa Disney realizzerà sfruttando una storia completamente riletta dall’esordiente Joseph Kosinski, peraltro alle prese con un’altra property Disney anni Ottanta come The Black Hole che dovrebbe uscire nel 2012.
Tron Legacy lascia il sospetto che non vi sarà un seguito a questo film molto complesso di cui, chi scrive, deve ammettere non avere compreso pienamente il senso e non solo narrativo.
Molto lungo e scuro (un film senza profondità di campo ha scarso motivo di essere o, comunque, risulta meno efficace in 3D) commentato da una colonna sonora dei Daft Punk che richiama alla mente il lavoro di Giorgio Moroder, Tron Legacy pur risultando spettacolare e perfetto per un pubblico di adolescenti, risulta poco riuscito e per nulla convincente nei confronti di adulti alla ricerca di qualcosa di, comunque, originale.
L’eco evidente di Matrix e di Star Wars - Una nuova speranza, è palpabile nella scelta delle situazioni e nella caratterizzazione dei personaggi: a partire da un finale in cui Jeff Bridges indossa un cappuccio che richiama alla mente inevitabilmente i cavalieri Jedi o nei discorsi (non del tutto chiarissimi…) rispetto ad una realtà virtuale che sta per invadere il nostro mondo con un esercito pronto ad essere guidato alla luce del sole dall’alter ego del creatore del mondo ovvero il padre di Sam.
Con un doppio Jeff Bridges nel ruolo di Kevin Flynn e del suo alter ego di nome Clu, in cui l’attore è sensibilmente ringiovanito grazie al computer, Tron Legacy è più un’occasione sprecata che un reboot di una franchise.
Solo in parte emozionante e raccontato senza una vera idea forte alle spalle, il film trova i suoi momenti migliori nell’effettistica visiva e nella creazione di un mondo da incubo in cui il virtuale e il digitale si confondono con i contorni di una realtà non spiegata fino in fondo.
Tron Legacy soffre soprattutto in una parte centrale cerebrale e farraginosa che "lascia" inevitabilmente emettere qualche sbadiglio nonostante le atmosfere interessanti la presenza scenica di Bridges coadiuvata dalla bellezza di Olivia Wilde nei panni – evviva – del programma che (nei sequel…) salverà il mondo, sebbene non sia chiaro come e, soprattutto, perché o da cosa.
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