Il romanzo noir è stato da sempre considerato con scetticismo; le migliori storie di questo genere sono state prodotte in Francia e in Inghilterra a cavallo tra l'Ottocento e il Novecento, anche se le radici noir vanno ricercate (forse) in un passato ancor più lontano. L. S. Stevenson con Lo strano caso del Dottor Jekyll e Mr. Hyde creò un vero e proprio caso letterario, ma già nel 1764 Horace Walpole gettava le basi per quella che sarebbe stata la futura evoluzione del noir (e del gotico); nel 1811 Walter Scott, introducendo l'edizione Ballantyne, diceva a proposito del lavoro di Walpole quanto segue: "... questo romanzo è stato giustamente riconosciuto non solo come il modello originale di un peculiare genere di composizione, ma come uno dei capolavori della nostra letteratura.... E' compiere un'ingiustizia verso la memoria di Walpole dire che tutto quello che egli amava nel suo Castle of Otranto era 'l'arte del suspense e dell'orrido'; o, in altri termini, richiamarsi a quel segreto e riservato sentimento dell'amore per il meraviglioso e il soprannaturale, che alberga in un angolo nascosto del cuore di ognuno... L'intenzione dell'autore, dunque, non era solo di creare sorpresa e terrore, introducendo agenti soprannaturali, ma di vincere i sentimenti del lettore tanto da farli identificare per un attimo con quelli di un'età rozza che 'riteneva ogni strano racconto devotamente vero.' E' indubbio che Walter Scott considerava l'opera di Walpole il primo serio esempio di romanzo gotico. Successivamente Mrs. Shelley con Frankeistein definisce nettamente quelli che devono essere gli ingredienti perché un romanzo possa essere ritenuto nella fattispecie gotico: Frankeistein è "fantascienza gotica", ancor oggi un esempio inimitabile di contenuti e stile, che affascina e terrorizza la coscienza umana. Sembra retorico asserire che l'immagine che oggi noi abbiamo di noi stessi è quella di uno stereotipato dandy borghese quando, in realtà, si è solo borghesi nel sangue e nel pensiero; il "borghesismo" ci porta a guardare a Frankeistein con pietà, e la pietà provata è quella che terrorizza l'animo, che trova rifugio nel mito di un Dorian Gray borghese votato al culto dell'immagine che, indarno, cerca di abbellirsi con ninnoli e chincaglierie di poco prezzo scovati nei supermercati. L'analisi del pensiero borghese così intesa è quanto di più gotico la società moderna sia capace di produrre: Frankeistein insieme ai mirabili racconti di Edgar Allan Poe hanno scritto la storia della letteratura gotica, horror, noir.

Stephen King è oggi il maggiore rappresentante del romanzo horror insieme a Dean Koontz, anche se i lavori di King non sempre sono all'altezza della crescente fama che accompagna il suo nome; Il fiume nero dell'anima di Koontz, un thriller con forte influenze horror, è nero quanto basta, un buon lavoro che nulla ha da invidiare agli ultimi lavori di Stephen King. Se King con lavori quali Shining", "La metà oscura", "Uscita per l'Inferno - si parla quindi del primo King, quello ancora schiavo dell'alcol (come lui stesso confessa nel saggio/biografia On Writing) - ha saputo dare all'horror una dimensione moderna scavando nelle inquietudini dell'uomo civile con grande maestria, oggi King fa paura più per il numero di copie che riesce a vendere del suo ultimo romanzo che non per i contenuti del suo lavoro. Rosemary's Baby di Ira Levin è una pietra miliare della letteratura horror: la mano del Diavolo gioca con gli uomini come marionette; è un romanzo che terrorizza veramente in quanto sembra quasi ammettere che l'umanità non può non essere corrotta e genitrice del "Diavolo", del nostro stesso "male di/del vivere".

In Italia l'horror come il noir sono stati più oggetto di culto che non banco di prova per nuovi talenti letterari e solo di recente l'horror made in Italy sta prendendo piede; in molti si sono cimentati con questi generi anche in epoche remote, ma le prove letterarie hanno lasciato indifferenti e pubblico e critica; c'è voluto un fumetto come Dylan Dog perché l'horror made in Italy uscisse fuori dal suo guscio splatter: Tiziano Sclavi con le storie di Dylan Dog ha aperto sicuramente la strada ad una nuova generazione di scrittori. Eraldo Baldini ha scritto esempi mirabili di storie noir tanto da meritare l'ammirazione di Francesco Guccini e di Valerio Evangelisti. Ma tra le nuove leve non può passare inosservato Giuliano Fiocco: della classe del 66, Fiocco è alla sua prima prova letteraria con il romanzo breve Fine Continua, uno scritto efficace che non passa inosservato anche se non è il caso di parlarne in termini di capolavoro. Per Giuliano Fiocco la disperazione è l'agente precipuo che innesca l'orrore nell'animo umano; i personaggi sono persone sane che guardano la società come malata di se stessa, ma questa guarda i suoi personaggi e li travolge nella sua malattia. Valerio Evangelisti, nella postfazione a Fine continua scrive: "...E' un'altra delle sorprese che la nuova stagione italiana del noir e dell'horror ci sta riservando: l'apparizione di scrittori veri, che non tentano l'ennesima imitazione di Stephen King, di Lovecraft o di Poe, ma si costruiscono uno stile funzionale a ciò che intendono raccontare, e di pari originalità". Lo stile di Fiocco è equilibrato e poeticamente onirico: partendo dalla routine quotidiana, quella tipica dei sobborghi cittadini, dove sembra che nulla mai accada, Fiocco tesse una storia magistrale dove il sangue scorre a fiumi, ma rimane nascosto, non rivelato all'occhio umano: la falce della morte avanza e nessuno sembra accorgersene, i cadaveri non fanno in tempo ad esser cadaveri, che subito la follia umana li seppellisce in essa... e alla fine "non esiste una fine".

Un lavoro questo di Fiocco che nulla ha da invidiare all'horror made in USA e che lascia ben sperare per il futuro.