Seduta sul bordo di quello che una volta doveva essere un piccolo specchio d’acqua Rose ne osservava il fondo secco, immaginando un tempo lontano quando i pesciolini rossi nuotavano tranquilli, incuranti di quello che stava per accadere. Jimmy correva intorno allo spiazzo lanciando sassolini all’interno del laghetto asciutto, era completamente fuori luogo. - A cosa pensi, eh? - Disse ansimando avvicinandosi a lei.
- Si è fatto tardi. - Rispose Rose sorvolando la domanda.
- C’è ancora luce! Perché vuoi rintanarti in quel dormitorio, cosa avrà di speciale proprio non lo so. - Si era seduto di fronte a lei e con i piedi tirava in aria i piccoli sassolini di cui era ricoperto l’intero piazzale.
- E cos’à di speciale questo di posto eh? - Rose allargò le braccia per indicare tutto ciò che li circondava. - Questi sono i giardini comunali no? E dove sono gli alberi? L’erba? I maledetti pesci rossi? - E scagliò una manciata di pietruzze in direzione del fondo liscio di quel finto laghetto.
- Rose...
- Preferisco andarmene a dormire, così sogno com’era bello il nostro mondo prima. - E si allontanò lasciando l’amico a bocca aperta. Dopo alcuni passi, ripensandoci, si girò di scatto e continuò: - Non ti accorgi che sta finendo tutto? Le bufere sono sempre più frequenti e i ricoveri si stanno rompendo uno a uno, i depuratori non reggono. - Rimase a fissarlo per lungo tempo cercando di capire se il suo amichetto riuscisse veramente a capire in che situazione si trovavano.
Jimmy si alzò e la raggiunse senza distogliere lo sguardo dai suoi occhi, era un bambino smunto, portava una tuta blu, sembrava uno di quei vecchi meccanici di una volta.
- Davvero sogni il mondo com’era prima?
- Sì.
- E com’era? Io non riesco più a ricordarlo, ero molto piccolo, sai?
Entrambi s’incamminarono verso il luogo dove vivevano, attraversando strade inutili e palazzi abbandonati, sui lati delle vie dove una volta esistevano i parcheggi ora si potevano ammirare bancarelle di venditori ambulanti, a tratti qualche vecchia carcassa di auto appartenuta a chissà chi adornava il triste panorama. Rose raccontò dei suoi sogni e di come fossero reali, del giardino con al centro la vasca per i pesci e delle corse sui prati verdi. Nei sogni, quando era stanca, si buttava per terra e inspirava quell’aria fresca ubriacandosi con gli odori dei fiori multicolori ed eternamente primaverili. Il cielo era di un azzurro intenso e le nuvole macchiavano di candore quel tappeto lontano e surreale. Per lei i sogni erano l’unico motivo di vita, non ricordava niente del passato né tantomeno dei suoi genitori.
- Ecco perché voglio andare a dormire - concluse - la mia vita è nei miei sogni, qui sta finendo tutto.
- Non dire così, vedrai che le cose si sistemano - disse in tono compassionevole lui. Si erano fermati davanti al dormitorio, un enorme palazzone dalle grosse finestre a pianterreno e un ingresso a cancello al centro. - Ci vediamo domani a scuola, ok?
Rose annuì non convinta e si diresse verso la rampa di scale che sbucava nell’androne dell’ingresso, Jimmy tirò dritto voltandosi di tanto in tanto alle sue spalle, nella speranza che lei lo degnasse di uno sguardo da sopra il parapetto del primo piano.
Il sogno di quella notte fu molto ristoratore per la bambina, viveva in un paesello di campagna dove ogni famiglia possedeva un pezzo di terra che coltivava. A sera tornava a casa ma non trovava nessuno, la cena era pronta e il letto fatto, ma non vedeva nessuno, che strano sogno. D’improvviso il suono della sirena penetrò con forza nel suo mondo verde costringendola a svegliarsi e a ritornare di botto in quella brutta realtà.
Nella penombra della lunga sala piena di letti i bambini scappavano con terrore verso la porta, per recarsi quanto più in fretta potevano nella piazza antistante al palazzone, così da essere scortati dai grandi verso il ricovero più vicino a loro. Rose non voleva abbandonare il suo sogno era convinta che quella volta sarebbe riuscita a vedere i suoi genitori, lo sapeva. Si accucciò sotto le coperte e si raggomitolò su se stessa cercando con tutta la sua volontà di riprendere il sogno perduto.
Insieme ai tutori Jimmy cercava il viso di Rose in tutte le bambine che incontrava, il ricovero era pieno, niente. Ma non si dava per vinto. Continuò con metodica caparbietà a cercare la sua amichetta in mezzo a quel mare di persone, forse un gruppo aveva deciso di andare nell’altro ricovero. Sì, deve essere andata così, pensò. Ma tutte le sue fragili congetture crollarono quando lo schermo a parete collegato alla rete diede la notizia che anche l’altro ricovero si era guastato.
Erano tutti morti. Il non-Stato, unanime, era vicino alla loro città, diceva l’inviato, protetto da una maschera a ossigeno continuava a parlare senza tono. Mentre snocciolava dati con freddezza le immagini dietro di lui mostravano i grandi centri abitati che iniziavano la costruzione delle cupole, ma i fondi non bastavano per tutti.
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