Rose aveva visto qualcosa. Quando i suoi genitori lo capirono ormai era troppo tardi, la loro bambina, occhi fissi e nessun riflesso, non era più con loro. Il tempo trascorse senza che riuscissero a cavarne qualcosa, Rose cresceva, ormai era una bambina di dieci anni uguale a tutte le altre ma che aveva passato quasi tutta la sua esistenza in un eterno oblio. Venne il giorno in cui Rose si svegliò, ma il mondo era cambiato e i suoi genitori non c’erano più.
Con le gambe al petto strette nella morsa delle mani Rose se ne stava accucciata in un angolo sperando che quell’attesa passasse in un attimo. La calca della gente la opprimeva, anche se lì l’aria non mancava di certo; ogni tanto qualcuno gli finiva anche addosso.
- Rose. Ehi Rose!
Immersa com’era nei suoi pensieri la piccola Rose non si accorse che qualcuno la chiamava, ma una forte scrollata la fece destare di soprassalto e guardò negli occhi il suo giovane amico.
- Jimmy. Cosa vuoi!
Il ragazzo si era accovacciato di fronte a lei e subiva anche lui ora gli urti di quella ressa, dovette tenersi al muro con un braccio per non finirle addosso.
- Rose che ci fai qui, questo non è il tuo ricovero.
- Di cosa hai paura - sbottò con disprezzo - che ti rubi l’aria? - e agitò una mano come per dissipare quella viziata intorno a lei.
- Rose... - Jimmy la guardava con faccia interrogativa -... ma non hai sentito quello che è successo? - e si volse indicando qualcosa dietro di se.
Lei si alzò scostandolo con garbo ma anche così non riuscì a vedere, era troppo piccola, era una bambina.
Il ragazzo allora si parò davanti tenendole le spalle e fissandola con intensità. - Perché sei venuta qua e non sei andata al tuo ricovero?
- Non lo so... stanotte ho sognato che venivo qua... allora... - Ora era lei che lo guardava accigliata chiedendosi perché Jimmy avesse stampato in faccia un mix di felicità e sconcerto. - Mi vuoi dire cosa è successo! - Si mise in punta di piedi cercando di vedere qualcosa in mezzo alla calca oltre la spalla del ragazzo.
- Andiamo, ti ci porto io - e la prese per una mano trascinandola attraverso le persone che mormoravano creando un brusio soffuso.
Quel ricovero non era molto grande e dopo pochi passi e spintoni raggiunsero quello che sembrava uno spiazzo circolare formato dalla gente che si era ritirata, lasciando al centro due uomini e una donna giovane. Questa era in ginocchio a spalle curve e il viso nelle mani, un pianto sommesso e incontrollabile la scuotevano con dolore, gli altri due cercavano di sostenerla ma erano anche loro visibilmente affaticati. Tutti li guardavano, nessuno tentava un accenno di aiuto. Rose osservava le persone ferme a guardare la scena, ora silenziose come al capezzale in una chiesa.
- Il due non ha funzionato, vero? - Chiese all’amico - dove sono gli altri?
Jimmy alzò le spalle e scosse la testa. - Quelli devono essere gli unici che sono riusciti ad arrivare fin qui vivi. Questo è il più vicino. Se stavi lì anche tu... - e la frase gli morì in bocca.
- Ora ne sono rimasti solo due. - Disse Rose con un filo di voce, un groppo le chiudeva lo stomaco.
- Il visore mostra che alcune città in America si sono chiuse in delle cupole, per proteggersi. Forse anche qui da noi le faranno. - Lo disse più per far coraggio a se stesso che all’amica.
Una sirena intonò la sua nota crescente a indicare che il pericolo era passato. La gente con cautela, come una mandria di animali addestrati, si apprestò verso l’ampia uscita in un silenzioso scalpiccio, i superstiti del ricovero due erano sorretti da persone che non conoscevano. Quanta gente era morta anche quella volta? Rose non riusciva a togliersi quel pensiero dalla testa, non era a quello che una bambina della sua età doveva pensare.
Quando finalmente conquistarono l’uscita, l’aria era nuovamente respirabile, non era fresca e vigorosa come quella dei ricoveri ma era pur sempre aria naturale, non riciclata. Jimmy la teneva ancora per mano. Jimmy le voleva bene e lei lo sapeva, ma sapeva anche che a volte lo trattava male. Lui era sempre felice, ma di cosa poi.
- Lasciami - cercò di districarsi con garbo ma il risultato non fu quello voluto, anche se Jimmy non sembrò rendersene conto. - Dove vuoi andare? Si sta facendo buio. - Erano sbucati in un grosso spiazzo che dava su una strada ampia, le persone si allontanavano senza fretta a gruppi prendendo direzioni diverse. In alto il pomeriggio tardi dipingeva striature rosso scuro su un blu sporco, erano i resti della bufera assassina che portava via l’aria costringendoli a rintanarsi come topi.
- Andiamo ai giardini - Jimmy era felice, rinato, come se la bufera appena passata fosse l’ultima. La guardava in attesa di un assenso facendo gesti come per convincerla a seguirlo.
- Solo un poco - acconsentì lei a malavoglia - voglio andarmene ai dormitori. - E lo seguì riluttante.
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