Che sia l'anno degli action game? Prima lo straordinario Bayonetta, poi lo spettacolare God of War III e ora – ci sarebbe però anche un certo Vanquish di Shinji Mikami - il sontuoso ritorno di Castlevania che, fra tutti, è forse il caso più sorprendente. Sembra un bel gioco di una volta... Fatto oggi. Un ponte ideale tra passato e presente, tra le tante buone idee che sorreggevano i migliori titoli di ieri, i mezzi adesso a disposizione degli studi per realizzarle e la sapienza maturata in decenni di affinamenti di quegli elementi, così ben esposti nel paradigma fantasy di Mercury Steam, già autori di Clive Barker's Jericho, ma che con Castlevania: Lords of Shadow compiono decisamente il salto di qualità, entrando di diritto nel firmamento.
Un risultato ottenuto senza svendere le fondamenta del genere nel nome di ipotetiche leggi di mercato, anzi dimostrando di saper condensare anni di digital entertainment in un kolossal che ha i tempi e i modi delle avventure che non invecchiano. Un titolo ricco e fresco che non annoia col sapore del già visto, un videogame che è una sorpresa continua eppure, o probabilmente proprio per questo, saldamente ancorato ai pilastri della storia, non tanto di Castlevania, di cui rappresenta un nuovo inizio sia come forma che sostanza, ma dei videogiochi tutti. Appunto un titolo perfettamente contemporaneo dove però si respira lo spirito delle esperienze grandiose di una volta, lontane dall'intrattenimento mordi e fuggi di oggi, per quanto buono possa essere.
Si sente, insomma, che Mercury Steam ha investito anima e corpo in questo progetto, che ha una costruzione tutta sua, fatta di sani principi, come i salti tornati a essere non automatici in barba ai successi di Prince of Persia, e originali rimandi. La pagina delle cronache che introduce i vari livelli-capitoli che scandiscono l'avventura sembra strappata da un'epoca in cui non esistevano i blu-ray né Hideo Kojima. In realtà i filmati ci sono, e in Lords of Shadow c'è anche il papà di Metal Gear Solid con la sua Kojima Productions nel ruolo di supervisori, così come, nell'ottica di un retrogusto contemporaneo, quasi postmoderno, il testo non è da leggere come si sarebbe fatto negli anni '80 ma viene letto e non da una voce qualsiasi: da Patrick Stewart.
La cifra distintiva è il magistrale senso del ritmo e della misura del racconto interattivo, in cui le sequenze animate – spesso vivacizzate con i giusti quick time event per non abbassare la guardia - impreziosiscono una narrazione che vive favolosamente di eterni momenti di gioco mentre, accompagnati dall'elegante musica dell'orchestra, ci si addentra nei paesaggi incantati di un mondo antico via via più incredibile nel quale si combattono creature mitologiche sempre nuove, sempre diverse, in un viaggio vicino all'epica fantasy di Peter Jackson o Guillermo Del Toro e che riesce anche nella difficile impresa di tradurre in blockbuster certi insegnamenti dello splendido Shadow of the Colossus.
Non solo quelli contro gli avversari più giganteschi, ciascun duello è interessante, che si tratti dei numerosi e coreografati faccia a faccia con gli antagonisti principali e i loro colonnelli oppure delle battaglie per farsi largo tra il ricco bestiario delle forze del male composto da scheletri, goblin, vampiri, fantasmi, licantropi. Merito di un appassionante sistema di lotta, che dovrebbe essere il nucleo ludico imprescindibile di ogni action game e aspetto su cui Mercury Steam non delude. In Lords of Shadow è una vera e propria invenzione, simile a un gioco d'azzardo che combina colpi e magie, in un dualismo – tema che attraversa per intero il videogame – che ricorda più Ikaruga che i diretti contendenti e premia il rischio, poiché in base a come e se si va a segno i poteri si ricaricano, annullano o sostengono a vicenda. L'impegno richiesto per padroneggiarlo viene mitigato da un crescendo di sense of wonder, nell'accezione più gotica e nello stile squisitamente europeo di personaggi e ambientazioni, sostenuto da una produzione da oscar, che incornicia un'avventura la quale, nonostante la durata sopra la media, non lascia tregua dall'inizio alla fine, rivelando di avere sempre ancora una freccia da scoccare e non un pixel fuori posto. Nemmeno dopo i titoli di coda.
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