Nell’ampio filone delle storie sui viaggi nel tempo, la trilogia di Ritorno al futuro si pone come fondamentale spartiacque, dimostrando anche qui di essere – nel suo complesso – un grande omaggio alla storia della fantascienza. Un primo riferimento è al capostipite dei film sul genere: la campana della torre dell’orologio del 1955, quella su cui andrà a schiantarsi lo ‘storico’ fulmine, è infatti identica a quella che si vede nel film L’uomo che visse nel futuro. Il celebre film di George Pal del 1960 era tratto dal romanzo classico di H.G. Wells La macchina del tempo, opera fondatrice del filone dei viaggi nel tempo. In realtà a lungo la macchina del tempo è accostata, nella fantascienza, alla possibilità di viaggiare nel futuro; è quello che Marty e Doc faranno nel secondo film, giungendo nel 2015 (tra cinque anni quasi nulla di quanto visto al cinema sarà realtà!).

L’ispirazione più immediata per Ritorno al futuro fu tuttavia un film di appena un anno prima, che avrebbe avuto tanto successo da dar vita anch’esso a una fortunatissima saga: Terminator. Vero è che l’idea che avrebbe portato a Ritorno al futuro risale al 1980, almeno secondo quanto raccontato dagli ideatori del film; ma la produzione iniziò solo nel 1984, in tempo perché Spielberg e Zemeckis prendessero spunto dal successo del film di James Cameron. Ad accomunare i due film, il paradosso temporale classico: chi viene dal futuro (Marty, Kyle) deve garantire che vengano rispettate le condizioni di quel futuro, per evitare che un’intromissione imprevista lo faccia deragliare su un altro binario, dove il visitatore finirebbe per scomparire dalla realtà. Nel caso di Kyle, in realtà, l’intervento è eterodiretto: è John Connor che deve garantirsi la propria sopravvivenza facendo sì che il suo amico Kyle ingravidi nel passato la madre e diventi, così, il proprio padre. Se Kyle fallisce, John Connor scompare dalla realtà. Nel caso di Ritorno al futuro, Marty è protagonista-vittima al tempo stesso del corto circuito temporale verificatosi: se non riesce a convincere il proprio giovane padre a uscire con la sua futura madre, non si ripeteranno le condizioni che gli hanno permesso di esistere, di fatti rimuovendolo dalla realtà. In entrambi i film il paradosso assume contorni vagamente edipici, o perfino incestuosi: l’amico di John Connor mette incinta la madre di lui, diventando così suo padre; Marty rischia di sostituirsi al padre nella sfera sentimentale della madre, che s’innamora di lui invece che di George.
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