Esce questo weekend Enslaved, il nuovo progetto multiformato per Ps3 e Xbox 360 di Ninja Theory, autori nel 2007 di Heavenly Sword, titolo con cui il team si è fatto apprezzare per la capacità di fondere in un unico, appassionate racconto interattivo cinema e videogame. Persino i giapponesi sono rimasti impressionati, al punto che hanno recentemente affidato alla software house inglese anche lo sviluppo di un pezzo da novanta come il prossimo Devil May Cry, che avrà il compito di riscrivere la saga del famoso cacciatore di demoni.
Tanto Heavenly Sword quanto Enslaved affascinano per l'utilizzo in campo videoludico di stile, tecniche e linguaggi propri del mondo cinematografico e a Ninja Theory non fanno mistero come sia stato in effetti in primis il cinema a ispirare il loro modo di fare giochi per console.
In particolare, sottolinea il direttore creativo Tameem Antoniades in un'intervista sul numero 61 di Robot, disponibile a breve in liberia e Delos Store, la svolta è stata rappresentata dal Signore degli anelli di Peter Jackson, film nel quale, grazie alle prodezze digitali della Weta, questi due universi hanno hanno dimostrato di potersi avvicinare. “Quando ho visto cosa aveva fatto Andy Serkis con Gollum – spiega Antoniades - ho capito che era l'obiettivo che dovevamo porci anche noi per i videogame; che il fulcro dei videogame di nuova generazione sarebbero state le emozioni”. Nel frattempo Serkis è diventato una presenza fissa delle produzioni Ninja Theory e, dopo aver interpretato alla maniera di Gollum, con la performance capture, il cattivo di Heavenly Sword, in Enslaved ha animato Monkey, il protagonista, e diretto i filmati del gioco.
La storia segue un libero adattamento, a cura di Antoniades e Alex Garland (lo sceneggiatore di 28 giorni dopo e Sunshine), del classico della letteratura cinese Viaggio in occidente. L'editore di Enslaved, il colosso giapponese Namco Bandai, deve nutrire un debole per quel racconto. In catalogo possiede infatti anche l'intera ludoteca di Dragon Ball, fumetto tratto a sua volta dal romanzo. “D'altronde ci deve pur essere una ragione se questa avventura per ragazzi ha attraversato oltre quattro secoli (l'origine viene datata attorno al 1590). Già quando ero piccolo io – ricorda Antoniades - in Inghilterra la tv trasmetteva un cartone animato, Monkey, basato appunto sul libro. I ragazzini ne andavano matti. Il romanzo è eccezionale, è un po' come se fosse Il signore degli anelli dell'Antica Cina. Ne ho amato molto i personaggi, come Monkey (il Re scimmia) e Tripitaka (il monaco Sanzang). Il libro racconta il loro viaggio fantastico, che non è solo un viaggio fisico, ma anche interiore. Man mano che si spostano verso ovest, il mondo diventa sempre più strano, magico, irriconoscibile”.
Con il videogame, gli sviluppatori hanno però scelto di allontanarsi dalla matrice fantasy e spostare la vicenda in un'ambientazione fantascientifica, che alla magia sostituisce la tecnologia e ai demoni i robot. L'azione prende avvio in una New York disabitata del futuro lontano centocinquanta, duecento anni da noi. Crisi economiche, pandemie, guerre e carestie hanno ridotto la razza umana a un insignificante numero di sopravvissuti. La natura ha ripreso il sopravvento sul nostro mondo. “Il documentario Life After People – commenta Antoniades - ha avuto sicuramente un'influenza fondamentale sulla direzione artistica. Nell'immaginario comune sono il grigiore e il deserto a caratterizzare un futuro apocalittico perché noi crediamo che, se scomparissimo, morirebbe di conseguenza anche il mondo. In verità è l'opposto: se gli uomini non esistessero più, la Terra apparirebbe per certi versi persino più bella”.
Ma allo spettacolare colpo d'occhio dei panorami di Enslaved ha contributo anche e soprattutto una matita italiana, Alex Taini, visual art director, che ha colorato questo mondo “post-post apocalittico”, come piace definirlo a Ninja Theory, con il suo stile coloratissimo e dinamico. Si stenta quasi a credere che sotto batta lo stesso motore grafico di Gears of War ed epigoni e di cui Enslaved propone un'interpretazione ricercata che si inserisce nei percorsi alternativi tentati anche da titoli come Bioshock, Borderlands e Mirror's Edge. Per il gioco in sé, Ninja Theory non si è invece scostata troppo dai canoni dell'avventura, che oggigiorno deve proporre un equilibrato mix di combattimenti ed esplorazione acrobatica, sulla scia dei Prince of Persia.
Secondo Antoniades, il vero caposaldo resta comunque Another World, non solo per il ritmo perfetto dell'azione, ma anche per l'impatto cinematografico. “C'era poi questo alieno – evidenzia Antoniades - che ci aiutava e che noi, a nostra volta, aiutavamo, creando una sorta di legame emotivo, sebbene non ci fosse nessun dialogo tra i personaggi. Un risultato fenomenale”. Anche in Enslaved si coglie una dinamica simile tra Trip, la hacker controllata dall'intelligenza artificiale, e Monkey, il forzuto in mano al giocatore - armato di bastone e provvisto di nuvoletta portatile - di cui la giovane ha bisogno per tornare a casa e compiere così il suo viaggio verso una vera consapevolezza. “Anche ad Alex Garland – riflette Antoniades – piace tenere i personaggi sfumati, provando a far emergere le emozioni attraverso la recitazione e non appena con i dialoghi. Le parole quasi non contano: è ciò che vedi che è importante. La maggioranza delle buone storie non si riduce ai dialoghi. Se si guarda un buon film e si toglie l'audio, si riescono lo stesso a comprendere la storia e i personaggi attraverso le diverse inquadrature, le luci, eccetera. Fare videogiochi è faticoso, una sfida continua, ma la scusa che si sente spesso dire a proposito dei limiti narrativi di questo medium (“questo non si può fare in un videogioco”) è una falsità. In realtà si può, bisogna solo provarci e capire come aggirare le limitazioni”.
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