Inception è l’ultima fatica cinematografica firmata da Christopher Nolan, uno dei registi più eclettici e talentuosi che si siano visti dalle parti di Hollywood nell’ultimo decennio. Nolan è riuscito in pochi anni a ribaltare pregiudizi e convinzioni, mettendo in scena pellicole che univano spettacolarità hollywoodiana e temi di grande impatto, mantenendo la voglia di sperimentare messa in mostra in Memento, il suo primo grande successo. Il sedici luglio, Nolan si è ripresentato sui grandi schermi americani (il film uscirà in Italia il 24 settembre) con un’avventura che unisce fantascienza e thriller, e con la quale il regista intende mettere in chiaro il suo modo di fare science fiction “ragionata”, con un contenuto oltre le immagini. Su questo progetto Nolan ha lavorato per oltre dieci anni, partendo dall’idea di storia e di sceneggiatura, pensando e ripensando, aggiungendo e togliendo. Il risultato è un film dai molteplici piani di lettura, barocco nell’aspetto visivo, teso nelle parti d’azione, complesso da leggere tra le righe, soprattutto quando le righe giocano a mescolarsi e a scambiarsi di posto, spiazzando lo spettatore e costringendolo a riconsiderare le conclusioni a cui era appena giunto.
Regalare un’idea pericolosa
Il film affronta un argomento che la fantascienza si porta dentro fin dai suoi esordi: il rapporto con la realtà che viviamo e quella che la nostra mente si costruisce. L’io soggettivo che invade l’oggettività esterna, influenzandola e a sua volta restandone influenzato. Quanti hanno pensato a Philip K. Dick nel leggere la trama del film? E in effetti questo è un film di cui Dick sarebbe stato orgoglioso, e magari anche un po’ invidioso per non averlo scritto lui. Il futuro è quello prossimo venturo, pericolosamente simile al presente. Dom Cobb è un Estrattore, un ladro di informazioni al soldo dei padroni dell’economia mondiale. Senonché lui le informazioni non le va a rubare negli faldoni cartacei o nei computer della rete; Cobb va direttamente alla fonte delle idee, ovvero nella mente delle persone. E per accedere alla mente utilizza una porta d’accesso particolare: il nostro subconscio, la parte più sfuggente del cervello umano. La parte che genera i sogni. Tramite uno speciale dispositivo e una droga sintetica, Cobb è in grado di entrare nel subconscio dei soggetti mentre sono addormentati, costruire un mondo onirico all’interno del quale le persone sognano, condividerne i sogni e accedere così alle informazioni custodite nei recessi più segreti della mente. Cobb è il migliore nel suo campo. Ma essere i migliori comporta un prezzo da pagare, che consiste nella rinuncia a una vita normale e ai suoi figli, per un’esistenza trascorsa a nascondersi dai rappresentanti della legge a causa della falsa accusa di omicidio della moglie Mal. Il ricordo di Mal è per Cobb fonte di tormento e di paurosi incubi, finché non gli si presenta la possibilità di riconquistare la libertà, personificata dall’offerta che gli fa il miliardario giapponese Saito: distruggere la multinazionale rivale in cambio dell’immunità totale. Per riuscirci Cobb dovrà tentare un’operazione mai provata prima: anziché rubare le idee, dovrà innestarne una nel cervello di Robert Fischer, erede dell’impero economico rivale di Saito, approfittando del suo stato di sogno. È l’inception del titolo, la più terribile tra le forme invasive. Per riuscire nell’impresa Cobb recluta un gruppo di esperti del ramo: il Manovratore Arthur, suo collaboratore e amico, in grado di prevenire qualsiasi imprevisto e far fronte a qualunque richiesta. E poi Eames, il Falsario, che puòi interpretare nei sogni qualunque altra personalità. Yusuf il chimico, in grado di preparare la giusta miscela di droga sintetica.
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