Passiamo brevemente al mondo Wildstorm, non proprio ricco di personaggi robotici ma destinato a regalarci una vera perla. Nei Wildcats di Jim Lee l’androide Spartan era destinato a far le veci di capo del gruppo, una guida non troppo carismatica, visivamente apprezzabile e che non mettesse in ombra la vera mente del gruppo, ovvero Jacob Marlowe (Lord Emp). Se non fosse stata per la sua capacità di “morire” e scaricarsi in nuovi corpi prodotti in serie, Spartan non si sarebbe rivelato che un’anonima figura di sottofondo nel panorama del fumetto americano, che già si avviava, in effetti, lungo quella china destinata agli emuli dell’uomo o a coloro che a tutti i costi vogliono diventare umani come la Torcia Umana originale e Visione. Era già stato preparato un Alto Lord Cherubino (alieni avanzatissimo tecnologicamente naufragati sulla Terra) di nome Yohn Kohl dalle cui memorie sarebbe stato creato Spartan ed erano stati effettuati anche alcuni tentativi di fusione fra i due. Alan Moore, durante il suo breve periodo come sceneggiatore della testata, aveva provato ad allargare il concetto ad una guardia aliena composta di soli androidi, ma il percorso scelto per Spartan appariva comunque inevitabile ed inevitabilmente noioso. Nei Wildcats 2.0 però, durante la gestione di Joe Casey, uno Spartan migliorato comincia a porsi domande che lo portano su di un percorso un po’ diverso rispetto a quello del martello pneumatico non troppo intellettuale seguito fino ad ora. Questi dubbi, queste incertezze, soprattutto sul comportamento del suo mentore e creatore Lord Emp, lo conducono infatti, sul finale della serie, a disintegrare lo stesso Jacob Marlowe tentando di forzarne l’ascensione. Un gesto estremo che avrebbe comunque potuto rimanere isolato ma che invece, nelle serie successiva (Wildcats 3.0) sempre sceneggiata da Joe Casey, rivela conseguenze estremamente interessanti. Erede, col nome di Jack Marlowe, della fortuna di Lord Emp e della sua corporazione, in possesso dei poteri transdimensionali della fu compagna Void e soprattutto con un piano tutto suo per l’evoluzione della società umana, un semplice robot diventerà il punto focale del cambiamento sul nostro pianeta, reinterpretando attraverso il suo particolare punto di vista, decisamente non umano, il concetto di evoluzione sulla Terra. Un ottimo risultato per qualcuno che era partito come nulla più che una postilla a piè di pagina.
La DC Comics, se teniamo fuori la Wildstorm appena presa in considerazione, si dimostra ancora più povera della Marvel rispetto a personaggi robotici interessanti. Anche qui abbiamo emuli umani come Hourman, un androide proveniente dal secolo 853°, il cui unico scopo sarà ricostituirsi come entità biologica o come Red Tornado, destinato a creare, come Visione prima di lui, una famiglia con tanto di figlia adottiva.
I Superman robotici, figli della scienza kryptoniana, i robot di mantenimento della Fortezza della solitudine, come il famoso Kelex, ed occasionalmente i letali Manhunter forniscono ottimi comprimari ed ottima carne da cannone come le loro controparti Marvel, si possono comunque trovare anche qui alcuni spunti interessanti.
Sul lato malvagio della tavola abbiamo in primo luogo Solaris, un computer stellare, in effetti un vero e proprio sole creato per essere un immensa intelligenza artificiale, che ha come unico scopo l’estinzione di Superman e di tutti i suoi discendenti. Seppur non brilli per originalità nei propositi è uno degli unici personaggi artificiali, se non l’unico, incontrati fino ad ora che non solo non ha corpo umanoide ma non vuole avere nulla a che spartire con le fallaci forme di vita biologiche inferiori purtroppo presenti nella maggior parte della galassia. Non da meno è Brainiac, un androide alieno originario del pianeta Colu, nato per l’infiltrazione e lo spionaggio che può datare le sue origini agli anni Cinquanta. Probabilmente l’essere artificiale con più incarnazioni della storia del fumetto, Brainiac va a passeggio per il cosmo, occasionalmente anche per il tempo, con l’unico scopo di assimilare, migliorandosi, quanto può delle culture aliene incontrate sul suo percorso. Fermato più e più volte da Superman, tenterà ad un certo punto di mutare completamente la Terra per mezzo di un immenso sciame di nanomacchine evocato da un futuro del nostro pianeta già assimilato da lui, manco ci trovassimo di fronte ad una Regina Borg importata direttamente da Star Trek.
Diretta discendente da Brainiac c’è Indigo, la versione 8.0 del costrutto, appositamente costruita per infiltrarsi nel mondo dei supereroi ed as sassinare coloro che nel futuro potrebbero presentarsi come intralci per la meccanica ruota del Karma dei coluani. In uno scontro all’ultimo sangue però la personalità dominante di Brainiac viene sconfitta da quella “artificiale” di Indigo che si trasformerà in materia organica suicidandosi e salvando i suoi compagni, tanto per aggiungere luogo comune a luogo comune.
I Metal Men sono invece un gruppo di robot creati dal Dottor William Magnus che è riuscito, al culmine della sua carriera scientifica, a creare il responsometro, una forma molto particolare di computer capace di ospitare un’intelligenza artificiale rendendola in grado di plasmare la materia che le sta attorno. Oro, Ferro, Piombo, Latta, Mercurio e la procace Platino (o Tina) sono il risultato dell’associazione dei responsometri ad un particolare tipo di metallo puro e sono naturalmente al servizio del Dottor Magnus che dovrebbe insegnar loro a comportarsi nel modo più umano possibile. Fumetto decisamente non originale come partenza e in debito con le strutture narrative dei primi X-Men come dinamiche, ma con alcuni particolari comunque godibili quali l’innamoramento di Tina verso il suo creatore, corteggiato in modo deciso in ogni numero, o i diversi viaggi interplanetari dei protagonisti volti a sventare ogni volta una diversa minaccia robotica.
Un piccolo accenno si merita anche Tomorrow Woman, creatura artificiale nata dalla penna di Grant Morrison per qualche mese in forze alla Justice League America. Costruita dal Professor Ivo e dal Dottor T. O. Morrow come arma destinata a detonare in mezzo ai compagni della JLA distruggendone le capacità intellettive, il personaggio riesce a tirarsi fuori dai soliti schemi non solo per la buona anche se breve caratterizzazione ma perché alla fine non è l’amore che la porta a morire salvando Superman e soci ma la volontà di agire libera, nata dall’evoluzione del suo programma di intelligenza artificiale.
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