Abbiamo già detto che le emozioni sono pericolose per i robot. Sulla stessa falsariga ma utilizzati dagli eroi come carne da cannone abbiamo le Sentinelle (cacciatori robotici destinati ad eliminare i mutanti), le Sentinelle Kree (meccanoidi robotici destinati ad eliminare ogni cosa), i Dreadnaught (robot da combattimento il cui design è conteso fra le varie associazioni criminali del mondo Marvel) ed innumerevoli variazioni sul tema dal quale si innalzano solo alcuni automi dotati di una “vera cattiveria” degna di nota, come di una qualche intelligenza. Ultron, una creazione del geniale Henry Pym (meglio noto, fra le tante identità, come Ant-Man), rientra perfettamente in questi canoni ma non va oltre: è in effetti un’intelligenza artificiale piena di risorse e dotata di una brutalità senza pari, ma in tutte le sue incarnazioni non riesce mai ad andare oltre allo stereotipo della macchina che vuole obliterare tutto il genere umano. Già meglio riesce Nimrod, una Sentinella caccia mutanti proveniente da un futuro alternativo, che, dopo l’ennesima sconfitta da parte degli X-Men, fonde accidentalmente la sua coscienza con mente artificiale destinata a controllare tutte le Sentinelle “minori”: il terribile Master-Mold. La fusione darà vita a Bastion, un baluardo della razza umana deciso a liberare il pianeta dai mutanti e a tutt’oggi anima nera dietro alle maggiori disgrazie degli uomini X di casa Marvel. Sul lato eroistico abbiamo innanzi tutto coloro che hanno visto loro malgrado inserire a forza la propria coscienza in un corpo robotico come il cosmico Air-Walker, incarnazione meccanica non troppo riuscita dell’omonimo araldo di Galactus, ed il più moderno Ghost Rider 2099, ad opera del geniale Len Kaminski, un autentico terrore artificiale contenente la mente del giovane hacker Zero Cochrane. Portandoci su personaggi più consistenti invece non si può non citare la Torcia Umana originale, creata nel lontano 1939 da Carl Burgos per la Timely Comics. Destinata ad avere un’esistenza editoriale e di pubblico ricca di alti e bassi, la Torcia Umana resterà comunque in attività fino ai giorni nostri, continuando a destare un discreto interesse nei lettori. Purtroppo nella continua evoluzione della personalità dell’androide, conosciuto anche col nome di Jim Hammond, i toni fantascientifici e le problematiche concernenti l’essere vivente artificiale, ben presenti all’inizio della sua carriera, verranno piano piano sostituiti dal lato emotivo e dal desiderio crescente di emulare in modo completo l’essere umano, procedimento che inevitabilmente porterà Hammond su binari fin troppo sfruttati anche in campo letterario.
Un percorso diametralmente opposto l’avrà Aaron Stack, ovvero Machine Man, una geniale invenzione di Jack Kirby risalente agli anni Settanta. Ispirato da concetti tratti dalle opere di Stanley Kubrick e Arthur C. Clark, la creatura artificiale in questione sarà allevata come un figlio dallo scienziato Abel Stack e tenterà, dopo la morte di questo, ogni sentiero per capire l’essenza dell’umanità da cui è stata generata. In questo caso, però, il processo si dimostrerà alquanto fallace ed interrotto, dopo innumerevoli avventure, dalla folle gestione di Warren Ellis del gruppo Nextwave in cui la personalità di Machine Man verrà centrifugata e fatta esplodere creando qualcosa in grado di confrontarsi, sul campo della comicità, con il Bender di Futurama. Battute esilaranti, situazioni impossibili e uno sguardo diverso, quasi alieno, sugli uomini e sulla società umana che lo circonda caratterizzeranno il nuovo Aaron Stack, rendendolo un modello per chi si volesse cimentare nella scrittura di un robot fuori dai canoni soliti.
La Visione, insigne membro dei Vendicatori e punto cardinale dell’universo Marvel, è destinato invece ad emulare colui dal quale è stato originato, la Torcia Umana originale di cui sopra, alternando stati umanizzati (riuscirà a sposarsi e ad avere figli) a stati governati dalla completa logica meccanica, senza mai che venga costruita per questo personaggio, pieno di potenzialità, una vera caratterizzazione capace di sfruttarne appieno gli spunti narrativi.
Una vera menzione d’onore deve però averla una testata cre ata oltreoceano dalla Marvel UK e diventata il più grande successo editoriale della filiale britannica della Casa delle Idee, unica testata che all’inizio verrà importata dal Regno Unito agli Stati Uniti invece di seguire il percorso contrario: Death’s Head II. Creato dal geniale Dan Abnett (Judge Dredd, The Authority, War of Kings) ed illustrato dal bravo Liam Sharp (ABC Warriors, Incredibile Hulk) Death’s Head II sarà uno dei robot più divertenti e dissacranti degli anni Novanta. Dotato della capacità di assimilare le menti dei nemici sconfitti nella propria IA e creato come arma definitiva da un’organizzazione militare criminale del futuro (A.I.M., già pericolosa nel presente Marvel), il progetto Lacché verrà destabilizzato dal riversamento, nelle matrici mnemoniche del robot, della mente appartenente all’originale Death’s Head, un personaggio creato dalla Marvel UK per la serie sui Transformers. La miscela fra gli istinti omicidi del costrutto originale con il cinico umorismo robotico della vecchia incarnazione, le ambientazioni surreali ma solidamente radicate in una fantascienza stile 2000 AD e la scelta di comprimari azzeccati daranno vita ad una miscela esplosiva mai vista prima di allora ed a un protagonista degno di entrare nella storia del fumetto robotico.
Un breve cenno, prima di lasciare la Marvel, ad M-11, l’enigmatico robot degli agenti di Atlas, ancora editorialmente troppo giovane per darne una vera e propria lettura e ad Elsie-Dee, una fantastica bambina robot assassina che per qualche numero ha deliziato i lettori dei primi numeri di Wolverine.
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