Il film si divide in due mondi: il laboratorio e il fienile, cioè la casa di Dren. Due ambienti opposti. Il laboratorio è freddo e sterile proprio come ci si immagina che sia un laboratorio mentre il fienile è caldo e organico. Ho pensato che ciò riflettesse l’essenza del film: i protagonisti creano qualcosa di cui pensano di avere il controllo, come fanno tutti gli scienziati, ma, naturalmente, la vita è più complicata. E l’esistenza di Dren ha un impatto non solo sul mondo ma anche sulle loro vite. Il film quindi segue l’evoluzione di Dren, dal mondo limitato del laboratorio a quello poroso, aperto del fienile. E, eventualmente, nel mondo naturale.
Questo si percepisce anche nell’atmosfera, soprattutto nella luce...
Assolutamente sì. Anche se il film si svolge in un ambiente sigillato, si ha l’impressione di passare da un mondo a un altro. L’ho provato con Cube. Cambiando il colore della stanza, si ha la sensazione che cambi il posto. Sono assolutamente consapevole del fatto che le storie con pochi personaggi e poche location devono evolvere dal punto di vista visivo. E ho applicato questa teoria a Splice.E’ per questo che ha scelto Tetsuo Nagata (Direttore della fotografia in LA MUMMIA) come Direttore della Fotografia? Ci avevo già lavorato nel mio capitolo di PARIS, JE T’AIME. Volevo che la luce fosse ricca e piena di poesia. E Tetsuo è soprannominato “Il Principe delle Ombre”. Non ha eguali quando si tratta di dare forma alle ombre. È stata una scelta ovvia.
Tra il suo primo film, Cube, e questo, il budget è stato moltiplicato per 100 ($300.000 per Cube contro i 27 milioni di dollari per Splice). E’ cambiato anche il suo modo di lavorare?
Non c’è assolutamente nessuna differenza. Perché Splice era 100 volte più grande e 100 volte più difficile, forse anche 200. Onestamente la cosa più difficile che mi sia mai capitata di fare nella mia vita è stata Cube. Non posso dire lo stesso di Splice, con il budget che avevamo, ma quasi. Davvero. Perché Dren non vive nell’ombra. Non potevamo mentire con lei. Ridley Scott, con la sua brillantezza, fa vedere l’Alieno solo per qualche secondo ogni tanto, un po’ come Steven Spielberg ha fatto con lo squalo de Lo Squalo. È una tecnica classica. Ma Dren non può essere nascosta in un angolo buio. È un effetto speciale dal 20° al 110° minuto del film. Questo ci ha portato via buona parte dei 27milioni di dollari. E doveva essere così perché Dren doveva essere perfetta. E io spero che lo sia, tocchiamo ferro! La verità è che quando abbiamo iniziato il film non sapevamo come sarebbe finita con il budget che avevamo. Ogni fotogramma di Dren ha un cartellino con il prezzo, e ognuno di essi contava qualcosa. Alcuni registi dicono di conoscere ogni fotogramma del film che fanno, io conosco ogni singolo pixel! (Ride).Mi fa male dirlo ma credo che le restrizioni mi obblighino ad essere creativo. Tutto ciò non fa che migliorare la storia. Quindi, in fin dei conti, sono convinto che tutte le frustrazioni tecniche che mi hanno torturato come regista sono prive di significato se confrontate a quello che alla fine vediamo sullo schermo. Sono la storia e i personaggi a contare, a decidere se il film avrà un pubblico o meno.
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