Ispirato dalla serie di culto d'animazione creata da Michael Dante DiMartino & Bryan Konietzko, L'ultimo dominatore dell'aria è diretto senza particolari segni di virtuosismo dal regista di Il Sesto Senso, Unbreakable e The Village, M. Night Shyamalan.
Una grande storia portata sullo schermo non senza adeguati mezzi in termini di effettistica digitale e di budget, ma che sembra un po' soffrire sul piano della recitazione e, soprattutto, dell'interpretazione di personaggi complessi da parte dei giovani quattro protagonisti.
Questo perché l'approccio narrativo alla storia non è di natura 'epica', come, forse, avrebbe meritato, bensì 'semplificato' con tanto di insopportabile voce off che commenta, rovinandoli, i passaggi più o meno intricati.
Come se non bastasse, più che di un finale aperto si deve parlare della conclusione affrettata di quello che è e resta una vera e propria "prima parte" di una possibile trilogia, sullo stile di quanto fatto recentemente, peraltro senza troppa fortuna, da La Bussola d'Oro.
Detto questo, il film convertito in 3D ambisce a soddisfare le aspettative e le ambizioni soprattutto di un pubblico di giovanissimi, affascinati dalle arti marziali che, ad onore del vero, costituiscono la parte più riuscita e originale di una trama altrimenti deja vu.
L'ultimo dominatore dell'aria inizia quando il mondo dei quattro popoli dell'aria, della terra, dell'acqua e del fuoco è divorato da una guerra senza quartiere dovuta alla lunga assenza, per oltre un secolo, dell'Avatar, ovvero l'essere che riuscendo a controllare tutti gli elementi, è in grado di portare equilibrio e pace in un mondo che sta, invece, lentamente cadendo sotto il controllo del popolo del fuoco.
Ritrovato casualmente in una lastra di ghiaccio, l'Avatar che è ancora poco più che un bambino spaventato, sarà aiutato da due volenterosi ragazzi nella sua ricerca del potere in grado di riportare la serenità ad un'umanità deprivata della speranza.
Spettacolare soprattutto nelle scene di duello, pur privo di quell'auspicabile fascino derivato da una storia in grado di mescolare misticismo, arti marziali e stilemi fantasy, L'ultimo dominatore dell'aria resta apprezzabile nel suo sforzo non completamente vanificato, di raccontare una storia multietnica che restituisce allo spettatore il fascino della filosofia orientale e la saggezza di una visione del mondo originale e ispirata da un forte senso della Natura.
Un film purtroppo non completamente riuscito, per la sua incapacità di restituire grandi emozioni, ma - comunque - di un certo appeal, la cui pecca principale è quella di essere troppo affrettato in certi momenti e, paradossalmente, perdersi in dialoghi ridondanti e in momenti più melensi a fronte, invece, di un enorme potenziale narrativo, costituito da una trama plasmata su archetipi resi ancora più affascinanti dal loro essere senza tempo.
Una produzione da vedere che, nei suoi prossimi capitoli, speriamo lasci più spazio alla filosofia e alla spiritualità che a gag figlie della vocazione hollywoodiana all'omologazione.
Una storia come questa, infatti, avrebbe funzionato meglio attraverso una maggiore cura e un minore senso della centralità della cultura occidentale per dirsi pienamente riuscita e per elevarsi al livello di quanto prodotto nel recente passato nel campo del cinema legato alle arti marziali come nel caso, per esempio, di La tigre e il dragone.
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