Sebbene sia un autore praticamente sconosciuto nel nostro paese, Charles Finlay ha al suo attivo diverse opere di successo, tra cui due romanzi, entrambi finalisti sia al premio Hugo che al Nebula, ambientati in un lontano futuro dove l'umanità ha raggiunto le stelle, colonizzando pianeti lontani.
Ma nemmeno la conquista dello spazio ha significato la rinuncia all'odio, alla violenza e alla guerra.
Prigioniero politico è la seconda opera della serie, e prosegue le avventure di Maxim Nikomedes, agente segreto al servizio di un governo che assomiglia più a un insieme di clan in lotta tra di loro che a una moderna democrazia.
La società nata sul pianeta Jerusalem, un mondo ostile dove è in corso un faticoso processo di terraformazione, era un regime fondamentalista cristiano, oscurantista e oppressivo, ma il colpo di stato non ha certamente portato la libertà: una oligarchia che ricorda molto la nomenklatura sovietica si divide il potere, i capi dei vari dipartimenti sono in lotta tra loro, e per quanto l'aspetto religioso sia stato accantonato il nuovo governo è altrettanto feroce del precedente.
Degli ideali dei "Semplici Cristiani", i primi fanatici coloni, restano il duro lavoro per terraformare il pianeta e l'odio verso gli anderiani, un gruppo di umani che abitano un pianeta vicino, pesantemente modificati da tecniche di ingegneria genetica considerate blasfeme dagli zeloti di Jerusalem.
Nikomedes è un agente del dipartimento dell'Educazione Politica, ma in realtà il suo vero capo è il temibile Dmitri Drozhin, despota indiscusso del dipartimento dell'Informazione, la persona più potente di Jerusalem.
Questo doppio gioco lo ha portato, durante un viaggio nello spazio, ad assassinare Lukinov, un altro agente del suo dipartimento, e a compiere un'opera di sabotaggio ai motori dell'astronave Gethsemane, eventi narrati nel precedente The Political Officer.
Ritornato in patria Nikomedes viene imprigionato da Mallove, il capo dell'Educazione, ma riesce a convincerlo di non essere coinvolto nell'omicidio del collega, ma proprio quando le cose sembrano mettersi al meglio la spia si trova coinvolta in un colpo di stato.
Il dipartimento dell'Informazione ha rotto la fragile tregua, gli agenti dell'Educazione vengono catturati o uccisi, sfortunatamente anche Nikomedes appartiene a quel dipartimento, sebbene lavori di nascosto per Drozhin, e in breve si trova rinchiuso in un campo di rieducazione per prigionieri politici.
Le condizioni di vita nel campo sono terribili, i reclusi vengono costretti a lavorare in condizioni inumane per creare un ambiente idoneo a sostenere la vita umana.
Dato che i fanatici colonizzatori di Jerusalem rifiutavano la tecnologia, la terraformazione del pianeta è molto diversa da quelle avanzate e impersonali alle quali la fantascienza ci ha abituati, diventando un lavoro sporco e terribile, che reclama le vite dei prigionieri come un Moloch cieco e implacabile.
Mescolato a un gruppo di Adariani Nikomedes potrà vedere un altro aspetto della società di Jerusalem, toccando con mano le conseguenze delle proprie azioni e finalmente capire quali abissi di disperazione si spalancano davanti a un prigioniero politico.
Romanzo cupo e impegnato, Prigioniero politico affronta senza reticenze la tematica dei condannati politici; Finlay cita Tadeusz Borowski e modella sui Gulag sovietici il suo campo di lavoro, ma mutua da Primo Levi la fondamentale divisione tra chi riesce a sopravvivere e chi è destinato a soccombere, come a dire che non ha importanza chi ti rende prigioniero, né quale sia il motivo per cui lo ha fatto.
Solo la sopravvivenza diventa importante, anche se il lavoro può essere tanto pesante da spingere a cercare la morte la maggior parte dei prigionieri tenta di resistere sino all'estremo, alcuni venendo a patti con la propria coscienza, altri attingendo a tutte le risorse fisiche e psichiche.
Uno degli aspetti più intriganti di questo romanzo è il punto di vista del protagonista: Nikomedes è abituato a mandare la gente nei campi di prigionia, per lui il cambio di prospettiva è terribile, sebbene sia in grado di capire (e a volte essere costretto a una riluttante ammirazione) le mosse dei suoi aguzzini l'ex ufficiale politico sarà risucchiato da un gorgo di disperazione apparentemente senza vie d'uscita.
A peggiorare, se possibile, la situazione è l'inserimento in un gruppo di adariani, gli odiati nemici che si riveleranno molto diversi dall'immagine data dalla propaganda, questo fatto sarà determinante per suo cambiamento.
Prigioniero politico è una storia molto particolare e che non lascia indifferenti, lontana dal tipico romanzo da leggere sotto l'ombrellone, purtroppo sconta il fatto di essere il secondo capitolo di una serie: chi non avesse letto il precedente (e inedito in Italia) Political officer (2002) non coglierà appieno la personalità di Nikomedes e la portata del suo cambiamento.
Inevitabile il confronto con gli altri finalisti al premio Hugo 2009 pubblicati da Odissea Fantascienza, La verità di Robert Reed e La connessione Erdmann di Nancy Kress, opera risultata vincitrice.
Personalmente avrei assegnato il premio alla fulminante dietrologia di La verità, con Prigioniero politico sul secondo gradino del podio, ma capisco perché gli appassionati statunitensi abbiano scelto il più tranquillizzante romanzo di Nancy Kress, molto new age e tutto sommato ottimista.
Nato a New York nel 1964 Charles Coleman Finlay ha subito lasciato la Grande Mela per una fattoria nei pressi di Marysville, in Ohio.
Si è laureato in storia studiando nell'università inglese di Oxford e nella Ohio State University, dove è rimasto come ricercatore.
Il suo debutto nel campo della fantascienza è avvenuto solo nel 2001 con il racconto Footnotes, pubblicato da Fantasy & Science Fiction, ma già nel 2003 il romanzo Political officer arrivava in finale ai premi Hugo e Nebula.
Autore della serie Traitor to the crown, una riscrittura in chiave magica della rivoluzione americana, sta preparando il terzo capitolo delle avventure che vedono come protagonista Maxim Nikomedes.
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