True Blood esordisce in questa terza stagione con una partenza al fulmicotone. Difatti se non si hanno ben chiari gli avvenimenti del finale della seconda stagione, si rischia di venire tracimati dal susseguirsi vorticoso degli eventi di trame principali e sottotrame. Non c’è il tempo per respirare, e subito ci troviamo di fronte al misterioso rapimento del vampiro Bill, che ha lasciato con un palmo di naso la povera Sookie in vena di proposte di matrimonio. L’affascinante e determinata biondina passerà quindi l’intero episodio nell’affannoso tentativo di farsi credere da qualcuno.


Per non parlare poi del divertissimo Jason che da Signore del Priapismo si ritrova a fare una mostruosa cilecca dopo essere stato coinvolto nel sogno segreto di tutti gli uomini. Ma se il sesso è uno dei pilastri di True Blood, non è certamente l’unico. Anche la religione ha il suo spazio e viene come al solito causticamente massacrata dal buon Alan Ball, il quale nella sottotrama tra Tara e sua madre, ne mette in luce tutti gli aspetti plagiativi, manipolatori e squallidi. Molto bella la figura di Lafayette, che nonostante i suoi molteplici e discutibili lavori, che comprendono quello di essere uno spacciatore e un prostituto, è probabilmente l’essere umano dalle qualità migliori all’interno del lotto di True Blood, e questo è uno spaccato molto interessante, in quanto c’è un evidente impegno da parte dell’autore di mostrare come la conformità sociale non rappresenti affatto un valore.

Quindi anche in questa terza stagione sembra ancora intatto e funzionale il portentoso mix tra sesso, critica sociale e magistrale gestione e approfondimento dei personaggi, formula che ha garantito la ricetta del successo di True Blood nelle prime due stagioni. L’estate televisiva americana sarà sicuramente quindi torrida e bollente, grazie alla creatura di Alan Ball. E adesso per dissetarmi andrò a farmi un goccetto di True Blood.
Zero negativo, of course.
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