L’invasione della Terra da parte degli Xvar e l’incerta pace strappata a forza dagli umani hanno dato vita ad una insidiosa Guerra Fredda interplanetaria giocata da entrambe le parti con ogni mezzo e senza esclusione di colpi.

Quando devo recensire un fumetto di fantascienza italiano credo di partire sempre con un minimo di pregiudizio, forse troppo abituato agli exploit negativi di Nathan Never, di meteore come Gregory Hunter o Brad Barron, non riesco ad approcciare a mente aperta le novità, soprattutto se si presentano in formato bonelliano. Quando ho visto la presentazione di Harry Moon è quindi con ben poco entusiasmo che ho prenotato la mia prima copia e mi sono dedicato alla lettura.

Federico Memola si è sempre mantenuto in effetti su buoni livelli di storia e sceneggiatura da quando scriveva La stirpe di Elän o La legione stellare su Zona X fino ad approdare alle pagine di Jonathan Steele, fumetto che lo ha tenuto impegnato per gli ultimi anni; in apparenza più a suo agio con ambientazioni fantastiche che fantascientifiche ha comunque dimostrato in passato di riuscire a cavarsela discretamente in questo contesto. I lavori preliminari che già da qualche anno (2006) si erano visti per il numero 0 di Harry Moon, targato 001 edizioni, lasciavano intravedere qualcosa di ciò che sarebbe potuto diventare questo fumetto uscito oggi per la Planeta De Agostini, ma al contempo possono diventare fuorvianti per il nuovo prodotto perché non rendono conto del grosso lavoro di sviluppo e di revisione subito dall’idea nel tempo trascorso.

Con il numero uno di Harry Moon si è subito gettati nel mezzo della storia senza appigli e senza paracadute: il lettore dovrà piano piano estrapolare i particolari dell’ambientazione dal contesto mettendo insieme gli elementi e gli accenni forniti durante la narrazione. Nessuno spiegone alla Matrix quindi e soprattutto nessuna realtà univoca ma tanti punti di vista, mai completamente obiettivi, fra cui destreggiarsi per tentare di costruire una base di partenza alla vicenda. Memola gioca con i luoghi comuni del genere e con quanto si aspetta il lettore ormai abituato ad innumerevoli numeri bonelliani: ogni volta che si è tentati di pensare che una tal situazione si è già vista o è narrativamente vecchia, poche pagine più tardi si scoprono almeno altri due aspetti della stessa che la espongono in una luce diversa ma soprattutto, ogni volta che ci si aspetta un deus ex machina od una spiegazione illogica degli eventi, magari una bella cortina di fumo negli occhi per rendere più criptica la storia, poche pagine più tardi si riprende invece il filo logico della vicenda, un evento più unico che raro nei fumetti del genere. Nel fumetto ci si ispira alla Guerra Fredda con gli alieni Xvar al posto dei russi, l'eroe è diviso fra la fedeltà alla sua razza ed a quella degli alieni, gli Xvar hanno un'agenda segreta al di là del conflitto: tutti elementi che abbiamo visto da Babylon 5 fino agli ultimi episodi di Fringe, ma che hanno un loro valido e peculiare svolgimento in Harry Moon.

Ottimi i disegni di Giacomo Pueroni, da lungo tempo abituato ad illustrazioni di fantascienza (Inside Star Trek, Shadows on the moon) anche se con risvolti umoristici, e da lungo tempo ancor più abituato a lavorare con Memola sulle pagine di Jonathan Steele. Lo stile fluido ma particolareggiato, molto attento al contesto tecnologico e decisamente ottimo nelle scene d'azione, riesce a mettere in ombra anche il lavoro, in copertina, di un disegnatore del calibro di Giuseppe Manunta. Si dimostra buona anche la scansione della pagina e la gestione degli spazi, per una volta, a discapito del formato, fuori dagli standard bonelliani.

Un buon fumetto in ultima analisi, con molta strada da fare sia dal punto di vista grafico che narrativo, ma che innalza di qualche spanna lo standard nazionale di grande distribuzione. Un fumetto che riesce, anche se avvicinato con pregiudizio, a far ricredere anche il lettore più esigente.