Attualmente, come giudichi lo stato di salute della fantascienza scritta da autori italiani?
Nell’ultimo anno, ho letto almeno quattro libri davvero ottimi, straordinariamente diversi fra loro: L’algoritmo bianco di Dario Tonani, Il quinto principio di Vittorio Catani, Nessun uomo è mio fratello di Clelia Farris, e Colui che gli dei vogliono distruggere di Gianluca Morozzi. Tonani ci dà un romanzo d’azione che grazie a una scrittura raffinatissima delinea l’incubo urbano di un’Italia distopica che non dimenticheremo, con un laconico protagonista divenuto già di culto. Con Catani ci immergiamo in una rete globale di personaggi ed eventi che è nulla meno di un’epica del futuro, un romanzo politico che con lucidità abbraccia scienza, ecologia, società e rapporti interpersonali. Farris ci regala un personaggio intensissimo in un’etnografia della crudeltà che dimostra quanto il meglio della SF dell’ultimo trentennio risieda innanzitutto nella costruzione dell’atmosfera, qui un mondo allo stesso tempo ultratecnologico e arretrato (e subliminalmente, radicalmente sardo). In un romanzo uscito “fuori collana” (per Guanda), Morozzi ci immerge con il suo schizoide antieroe in un omaggio al fumetto supereroistico pieno di amorevole ironia. Tutti dimostrano sia la capacità di appropriarsi delle più ambiziose risonanze letterarie (da Gibson a Robinson, da Vonnegut a Le Guin), cinematografiche e fumettistiche, sia la conoscenza delle tradizioni della science fiction.
Ma potremmo andare oltre. Italiano a metà è The Beloved of My Beloved di Roberto Quaglia e Ian Watson, uscito solo in inglese, che vira sul grottesco (senza mai scadere nella trappola del pecoreccio “all’italiana”) in un collage di racconti che distorcono con irriverenza corpi, società e religioni. E non dimentichiamo la raccolta Acque oscure di Valerio Evangelisti, uscita su Epix ma in gran parte fantascientifica, in cui (insieme a momenti di humor più leggero) come sempre la lama dell’analisi del potere taglia in profondità. Ed esistono altri testi interessanti: il pianeta alieno di Franco Piccinini, la SF ciber-sociologica di Mario Gazzola e Francesco Verso (che di romanzi ne ha fatti uscire due!), la contaminazione col giallo classico di Claudio Chillemi. Non ho ancora letto l’ultimo romanzo di Tullio Avoledo ma sono certo che non ne resterò deluso.
Andando un poco avanti, quest’anno si è aperto ottimamente con il Millemondi ucronico di Fambrini/Carducci e Bonera/Frusca, è in uscita Lanzotti per la Delos e il volume di Asciuti/Passaro su Urania che annuncia ulteriori progetti, come peraltro Epix, e sono in libreria i nuovi romanzi di Paolo Aresi, che scrive SF da sempre, e Davide Longo ed Enrico Brizzi, che vi si avvicinano per la prima volta. Andando un poco indietro, negli ultimi anni abbiamo avuto ottime antologie di Alessandro Fambrini, Antonino Fazio, Enrica Zunic, Luca Kremo, Alan D. Altieri e romanzi di Aresi, Donato Altomare, Giovanni De Matteo, Lanfranco Fabriani, Pierfrancesco Prosperi, Bruno Vitiello, al di fuori delle collane SF abbiamo Tullio Avoledo (che da tempo ha raggiunto l’accettazione della grande editoria) e le incursioni di Alessandro De Roma, Laura Pugno, Tommaso Pincio, più Adriana Lorusso uscita solo in francese: opere diversissime fra loro, che dimostrano il ribollire di una vitalità potenziale. E su riviste come Delos, Robot, Nova, Futuro, Alia, Carmilla (oltre alle appendici della stessa Urania) abbiamo trovato pregevolissimi racconti di gente che non è ancora giunta al volume ma che potrebbe farlo presto. In questo momento le prospettive sono ottime. Dovremmo esserne tutti soddisfatti: resta da vedere se l’editoria sarà in grado di dar continuità a tutto questo. L’apertura di Altieri e Lippi su Urania può rivelarsi un catalizzatore, per gli italiani e per la fantascienza tutta.
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