È lì che bisogna proseguire. Comunicazione, collaborazione, sperimentazione, fermento, confronto di idee. Tentare e crederci fermamente.Si registra poi una tendenza, forse una reazione al regresso della scienza in questo paese: la corrente dei duri e puri, degli iperscientisti a tutti i costi, della fantascienza solo tecnologica e attenta alle nuove tendenze della biologia, delle nanotecnologie, del postumanesimo. Mi sta benissimo, per carità. Purché non sia riduttiva, non sia ritenuta l’ortodossia e non si trasformi in un’altra torre eburnea in cui rifugiarsi in pochi eletti, fra autori, rari lettori e addetti ai lavori. Come si dice sempre a proposito della censura tv,  bisognerebbe arricchire, diversificare, non togliere e sopprimere, ma lasciar spazio a diversi punti di vista, in modo che ciascuno si cerchi il suo.Diversificare, per me, potrebbe essere la soluzione: perché una space opera popolare, con qualche idea azzeccata e aggiornata, non potrebbe, adeguatamente promossa e proposta, conquistarsi spazi sugli scaffali per giovani fra vampiri, draghi e maghetti? Inutile storcere il naso da puristi. Così non si cresce.Volutamente ho evitato di parlare di cinema, perché tutte le volte che la fantascienza letteraria ha tentato un rilancio o un assist da parte di quella filmica, ha fatto un buco nell’acqua. Però, quelle che nel kolossal Avatar per un appassionato sono un compendio di idee anni Cinquanta, per molti giovani spettatori sono assoluta ed entusiasmante novità. Inoltre, la parte relativa al pianeta Pandora dimostra che un incrocio con spinte new age o tematiche che si rifanno ai mondi fantasy è possibile e produttivo. (È che molti qui al sol nominare il fantasy mettono mano al laser).Al cinema abbiamo Avatar, ma abbiamo anche Moon del figlio di Bowie. Un ritorno alla fs classica, per certi versi sorprendente, ma ben accolto.  Cose diverse non si escludono, ma arricchiscono il panorama e la scelta.Perché non si possono rilanciare forme di contaminazione, fantascienza di idee e di tecnologie accanto a quella socio-umanistica aggiornata, neo-ecologica accanto a quella spaziale, mescoloni che attingano dalle più rispettabili sorgenti?

La crisi della fantascienza è iniziata, secondo me, parlando in generale e non solo dell’Italia, quando il genere si è fatto deprimente. In passato era stato a volte catastrofico, cupo, angosciante, ma mai così monotono e privo di aspettative. Ha iniziato a dirci, il futuro è quello, che vi piaccia o no: dal degrado urbano e ambientale irreversibile alle tecnologie spersonalizzanti, dallo sfrenato liberismo distruttivo all’annientamento dell’individuo.

Nessuna alternativa, nessuna speranza. Capirai l’entusiasmo. Se proprio così dev’essere  e l’individuo non ha scelta, meglio saperne il meno possibile, si saranno detti i più, tornando a posare il libro sullo scaffale.Ecco, forse tornare a parlare di scelte dell’individuo, scelte sempre e comunque, aiuterebbe, tra le altre cose. E di emozioni, magari. Perché no? Abbiamo bisogno anche di quelle.Senza mai perdere di vista che stiamo dibattendo comunque di intrattenimento, anche se di idee.

Qui abbiamo spazi: il bello della globalizzazione è che siamo tutti centro e provincia insieme, ormai. Anche se resiste la barriera linguistica, gli argomenti si fanno comuni.

Gli spazi ci sono o si possono creare. E diversificare.

Non rimane che trovare editori lungimiranti e coraggiosi, e autori in gamba, in grado di cogliere opportunità  nuove e sfornare opere interessanti e originali. E che ci vuole. Una bazzecola, a questo punto.