Gli abitanti della Terra devono essere informati della possibilità di vivere su un pianeta rigoglioso come era un tempo il nostro, e potersi organizzare per una colonizzazione di massa.Questa è la fine del rapporto.Ammiraglio Steve Rogers, comandante dell’incrociatore da battaglia Churchill… che Dio ci aiuti”.
Le ultime parole di Rogers echeggiarono nella stanza, rimbombando cupe nelle orecchie di Caretti.
Subito dopo un lampo bluastro si materializzò al centro dello studio, tremolando man mano che si ingrandiva. Quando l’immagine si stabilizzò, una luce fioca illuminava i due corpi nudi, in piedi, abbracciati vicino a un angolo della piccola stanza metallica.
La dottoressa Carter teneva la testa, bionda e riccioluta, affondata tra il petto e le braccia di Ka.
Numeri fosforescenti si muovevano inesorabili nel riquadro superiore destro della parete alle loro spalle.
Caretti spostò lo sguardo sulle cifre luminose, esitando prima di comprenderne l’ovvio significato; quando riportò la sua attenzione sui condannati, il numero impresso nella sua memoria indicava 22 ore, 58 minuti, 36 secondi.
Ka stringeva in silenzio la donna. La sua pelle scura tendeva al porpora, i lunghi capelli, bianchissimi e lisci, incorniciavano il viso scendendo quasi fino agli occhi grigi, che brillavano come diamanti.
La dottoressa Carter si separò lentamente dall’abbraccio del suo uomo e si portò al centro della stanza. Caretti osservò il suo viso, gli occhi verdi, il seno sodo e prosperoso; dimostrava una trentina d’anni, ma probabilmente doveva averne qualcuno in più, dato che era partita dalla Terra da oltre dieci anni e sicuramente già con il grado di ufficiale.
La donna era bellissima, l’ammiraglio si trovò suo malgrado a provare un’invidia assurda per l’indigeno.
Indugiò a lungo sulle forme della donna, attratto al punto tale da non riuscire a distogliere gli occhi, che spaziavano da quelli di lei e poi giù fino al pube, ricoperto di quelli che sembravano fili d’oro.
La voce della dottoressa, rivolta verso l’obiettivo come se parlasse proprio all’ammiraglio, lo fece saltare dalla poltrona: «Non potevo lasciare che tornassero indietro, lo sai», disse Geena Carter.
Caretti restò perplesso, dal tono della voce non sembrava un’affermazione, piuttosto una risposta a una domanda dell’altro, che però non aveva aperto bocca.
Dopo qualche istante la donna si girò di scatto verso Ka: - Smettila di tormentarmi! Lo so benissimo che a bordo della Churchill ci sono centinaia di esseri umani! Ma non avevo scelta, non capisci? -, disse la dottoressa, con fervore. Poi si avvicinò a Ka e riprese a parlare: - Non vedendoli tornare, non si arrischieranno più a inviare altre navi e rinunceranno per sempre.
L’altro continuava a restare in silenzio, impassibile, i diamanti grigi fissi su di lei.
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