Un tuffo nel passato con la rivisitazione di Killraven, fumetto creato negli anni '70 e portato a nuova vita dalla matita di Alan Davis.

“... è sopravvissuto a un sacco di brutte robe, ma non è questo che rende Raven speciale” “ah, ti riferisci ai poteri psichici che ha ottenuto a causa dell'innesto cerebrale?” “nah! Quello che rende Raven grande è che, anche se i marziani lo hanno brutalizzato in modi che tu non saprai mai, non lo hanno mai spezzato. Ha cuore.”

L'interesse di Alan Davis per Killraven, fumetto fantascientifico uscito per la prima volta fra il 1973 ed il 1976, è di lunga data, anche se ha avuto un percorso non lineare. Un primo embrionale progetto risale all'inizio degli anni '90, che non vede però la luce dato che Davis decide di riprendere in mano Excalibur, una delle sue creazioni più riuscite, per dedicarsi poi successivamente ad altri fumetti di ambito diverso quali Clandestine, JLA o Gotham Knights. Bisogna aspettare il nuovo millennio perchè, a seguito del ritorno in casa Marvel di Davis e del successo dei suoi Vendicatori, realizzati insieme a Kurt Busiek, l'autore decida di riavvicinarsi al progetto lasciato in sospeso quasi un decennio prima. La miniserie Killraven di Alan Davis esce così nel 2002, con l’ autore inglese in veste sia di sceneggiatore che di disegnatore, riscuote un buon consenso fra il pubblico e viene solo adesso scelta per la pubblicazione completa in versione italiana

Killraven trae diretta ispirazione, come è ben visibile dalle prime pagine, da La Guerra dei Mondi di H. G. Wells: i marziani arrivano, come da copione, sul nostro pianeta approfittando di una pioggia di meteoriti che ne maschera l'ingresso nell’atmosfera e permette alle loro macchine da guerra, i tripodi, di atterrare iniziando un feroce attacco alla Terra e ai suoi abitanti. Nel 2120 la terra è stata completamente conquistata dai marziani, ed è ridotta ad un insieme di città diroccate e semideserte a causa dell'attacco alieno e delle guerre scatenate dagli umani nel tentativo di difendersi. La razza umana è stata decimata e la maggior parte dei superstiti ridotta in schiavitù; i soggetti particolarmente forti e resistenti sono stati sottratti alla morte per diventare gladiatori, addestrati quindi a combattere all'ultimo sangue solo per il divertimento dei marziani. Killraven è uno di questi, uno schiavo gladiatore di scuola “spartana”, dotato di qualità fisiche e mentali affinate alla perfezione fin a renderlo un’arma perfetta ma, soprattutto, caratterizzato da una volontà incrollabile e da un’eccezionale resistenza ai condizionamenti ed alle suggestioni psichiche che i marziani possono esercitare sugli umani per forzarli ai loro voleri. Quando Killraven riesce a sfuggire al controllo dei suoi carcerieri e a liberarsi, porta con se anche altri quattro gladiatori, insieme ai quali formerà un gruppo di profughi alla scoperta di un pianeta completamente mutato dalla catastrofe subita. Vagheranno alla deriva, stranieri alla loro stessa specie senza sapere nemmeno, in un primo momento, cosa potrebbe celarsi dietro a qualsiasi situazione incontrata. Conosciuti come i Freemen, Killraven la sua compagnia intraprenderanno comunque un percorso che li porterà infine a scontrarsi con i loro carcerieri marziani e ad incarnare l’ultima speranza di libertà della razza umana.

Il Killraven di Davis viene proposto dalla Marvel come una versione alternativa dell’originale, una rilettura dell’autore, situata sulla linea temporale di Terra 2120, destinata a riportare agli antichi fasti, magari al contempo modernizzandolo un poco, un affascinante personaggio nato dalla reinterpretazione di Neal Adams negli anni ’70 di una delle più famose opere, come già accennato, di H. G. Wells. Un’operazione riuscita solo in parte perché forse consciamente o forse inconsciamente lo scrittore inglese non riesce mai a liberarsi completamente dall’eredità della prima stesura, calandosi anzi sempre di più in una modalità narrativa che sembra proprio originaria di quel periodo. Colpisce in effetti, ad un primo approccio, la piattezza dei personaggi, delle situazioni stereotipate, delle caratterizzazioni molto semplici e lineari ed infine delle atmosfere che non possono non lasciare un po’ d’amaro in bocca ad un lettore abituato alla complessità di almeno trenta anni di evoluzione nel campo dell’espressione fumettistica. Se però, con un piccolo sforzo, il lettore in questione dovesse decidere di provare a calarsi nell'atmosfera e nelle caratteristiche culturali del periodo in cui Killraven è nato, la storia proposta da Davis non può fare a meno di avvilupparlo con il suo fascino un po’ retrò e di coinvolgerlo in una vicenda di colpo trasformata in qualcosa di oltremodo avvincente e intrigante. Ci si trova così ad emozionarsi, di punto in bianco, per un eroe il cui giusto e nobile scopo è quello di conquistare la libertà, che pur cresciuto come gladiatore e plagiato per essere un omicida dai marziani, rinnega la violenza e uccide solo quando non può farne a meno, per un eroe insomma della più pura “razza eroica” come da un pezzo non se ne vedeva eguali. Killraven è, a tutti gli effetti, un eroe “classico”: conserva intatto il suo rigore morale in ogni occasione mentre il suo anelito verso la libertà non diventa mai per lui un motivo sufficiente per scendere a compromessi con i propri principi di giustizia e solidarietà. Nel suo viaggio senza fine si trova a combattere contro la crudeltà dei marziani, contro i mostri che gli alieni hanno saputo generare dai loro esperimenti sul genere umano, contro i suoi simili collaborazionisti senza mai rinunciare, anche in situazioni molto rischiose, a soccorrere ed aiutare chi soffre e senza mai cedere alle lusinghe di facili ma efferate scorciatoie che potrebbero permettergli di sopraffare con facilità gli oppressori marziani a discapito però di un alto costo di vite umane. Nello sviluppo della storia non possono mancare anche tutti gli ingredienti degni di una vicenda in cui il protagonista è un eroe di quelli veri: un amore struggente, passione senza freni, il tradimento più bieco, la presenza dolorosa della morte, miscelati in modo da accompagnare lo spettatore in un continuo altalenarsi di emozioni, senza mai concedergli un momento di tregua. Come da un lato ci si può quindi lasciar andare al rassicurante svolgimento di una trama senza scosse e magari un po' prevedibile, tuttavia dall’altro lato lo stesso intreccio riserva, a chi voglia lasciarsi trasportare dal gusto di altri tempi, momenti toccanti quanto grandiose ed epiche scene d'azione fino a portare il lettore, probabilmente già conscio dei probabili sviluppi della storia, a domandarsi comunque, col fiato sospeso, come potrebbe finire.

Lo stile grafico molto peculiare e mai mutato di Alan Davis ben si sposa con questo tipo di storia e di personaggi che attingono a piene mani ad atmosfere del fumetto classico. La stessa rappresentazione delle anatomie è fedele ai più semplici stereotipi: mentre i protagonisti sono sempre perfetti, imponenti e muscolosi ed i personaggi femminili sono tutti di una bellezza sconvolgente, canoni figurativi un po' sorpassati vengono riproposti come novità a lettori che probabilmente non hanno neppure una gran dimestichezza nei loro confronti. Scene d’azione plastiche ma allo stesso tempo troppo statiche per un occhio moderno si snodano in una costruzione della tavola immutata fin dal periodo di maturità dell’autore inglese. Così sono da sempre le eleganti matite di Alan Davis, un punto fermo in un mare di sperimentazione grafica e creativa.

In questo prodotto di Alan Davis nulla è concesso all'esperimento e all'innovazione, e questo è, al contempo, il pregio e il limite di un’opera che forse può non soddisfare i gusti di chi vi si accosta cercando una storia originale e complessa o uno tratto entusiasmante, ma che può ricondurre in modo impeccabile il lettore ad un sapore del fumetto da lungo tempo perduto, riuscendo a suscitare grandi emozioni con un affondo ben congegnato nelle radici della fantascienza di altri tempi.